Premetto che sono contro il carcere per le pene minori e anche contro la detenzione preventiva. Per chiunque.
Nessun giornalista dovrebbe quindi finire in carcere per un reato di diffamazione. Per affermarlo occorre cambiare le leggi vigenti, ma tra i sostenitori di tali cambiamenti non ho mai visto schierarsi né Sallusti, né il Giornale, e figuriamoci il forcaiolo Farina.
L’articolo per cui Sallusti rischia il carcere non riguarda un reato di opinione, ma la diffamazione perché sosteneva delle falsità. Sostenere il falso e mettere alla berlina un giudice oltre che una ragazza tredicenne e la sua famiglia, in nome di una ideologia, è un reato che deve essere condannato. Lo dobbiamo dire innanzitutto noi giornalisti se vogliamo difendere la nostra professione, un lavoro esercitato con onestà. Non lo facciamo invece se ci schieriamo – come hanno fatto direttori di giornali di tutte le tendenze, da quelli giustizialisti a quelli garantisti, sindacati e associazioni varie – tout court in difesa di Sallusti, sostenendo che sarebbe stato condannato per un reato di opinione. È falso. Una mistificazione della realtà. Sallusti non deve andare in carcere, perché, come ho già detto, non dovrebbe andarci nessuno in casi del genere.
Ma il Giornale è noto per campagne portate avanti senza scrupolo contro persone che entrano nel loro mirino.
C’è chi si chiede dov’è l’Ordine dei giornalisti, me lo sono chiesta anch’io quando sono stata diffamata da Emilio Fede che l’8 marzo del 2005 ha trasmesso un falso. L’audio di un video da me registrato sotto sequestro con due uomini armati al mio fianco è stato spacciato per un’intervista rilasciata dopo la mia liberazione a media americani. Nonostante fosse evidente la manipolazione provata dalla registrazione del suo telegiornale e il PM avesse chiesto la condanna, Fede è stato assolto da una giudice corrotta. Sapete perché? Secondo i difensori di Fede io ero stata la causa della morte di Calipari e, se avevo due uomini armati al mio fianco durante la registrazione, comunque non avevo dimostrato il coraggio di Quattrocchi che avrebbe detto “vi faccio vedere io come muore un italiano”. Beh, allora, nessuno si è sentito in dovere di sollevare il diritto a essere risarciti per una diffamazione, proprio come oggi nessuno si chiede chi risarcirà il giudice per le accuse e la ormai giovane donna per le violenze subite.
Molti, di fronte a simili reazioni, ci definiscono una casta, non lo siamo tutti, ma l’accusa ha certamente un fondamento di fronte a un simile atteggiamento dei giornalisti.
E l’Ordine dei giornalisti? Contro fede non si è mosso, mi hanno detto, perché io non ho fatto una denuncia all’Ordine, ma solo alla magistratura. Questo vuol dire che per l’Ordine chiunque può scrivere quel che vuole, anche con uno pseudonimo se radiato, e non interverrà a meno che il diffamato non sporga una denuncia direttamente all’Ordine. E’ dunque legittimo sollevare qualche dubbio anche sulla casta dei giornalisti.