Leggo su il manifesto una lettera al procuratore dell’Aja Moreno Ocampo a proposito dei crimini contro l’umanità causati dall’intervento Nato in Libia. L’appello chiede che “tutti i responsabili siano perseguitati e puniti”. Sono fermamente convinta che la pace e la democrazia non si possano costruire in un paese senza giustizia. Mi sono sempre schierata da parte di chi chiede giustizia in Afghanistan come in Algeria. Le vittime civili devono avere un risarcimento, anche morale, con la condanna dei loro carnefici.
Gli effetti di una rivolta militarizzata si vedono tutti oggi in Libia, dove si è consumata una lotta per il potere e non una lotta per la democrazia. Se fosse stata per la democrazia la Nato non sarebbe intervenuta, ma dietro l’ipocrisia di appoggio alla popolazione civile (che peraltro non è stata protetta ma ne è diventata vittima) vi è il petrolio e l’acqua, di cui è ricca la Libia.
Ma tra le vittime le donne lo sono doppiamente, perché i nuovi padroni della Libia, preso il potere, come primo gesto hanno imposto la sharia, la legge coranica. Contro la quale hanno manifestato le donne libiche.
Non mi risulta che questo sia citato nella lettera, forse riguarda solo i libici, ma chi li andava a “sostenere” i ribelli con i bombardamenti sapeva che all’interno della rivolta c’erano gli estremisti islamici.
Ma forse non è un caso che non ci si preoccupi della “sharia”, tra i primi venticinque firmatari della lettera non vi è neanche una donna! Nemmeno quella che ha aiutato a raccogliere le firme sotto l’appello.