Afghanistan, i signori della guerra si riarmano

In vista del ritiro delle truppe straniere del 2014, Ismail Khan, signore della guerra di Herat, recluta nuove milizie.

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13 Novembre 2012 - 15.57


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In Afghanistan il prezzo dei Kalashnikov è salito da 300 a 1.000 dollari. Il motivo? In vista del ritiro (che non sarà totale) degli americani, nel 2014, occorre attrezzarsi. Non che nelle case afghane manchino le armi, ma dopo la partenza delle truppe straniere la partita per il controllo del territorio si farà più dura e ognuno vuole il suo AK-47 in casa.

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Il primo a organizzare le proprie milizie è stato il signore della guerra di Herat (da dove si ritireranno gli italiani) Ismail Khan, che era stato allontanato dalla sua città con l’assegnazione da parte di Karzai del ministero dell’energia e dell’acqua. Peccato che un ministero non gli sia bastato nemmeno a riportare l’elettricità nella sua regione. Ma certo, a un signore della guerra non possono interessare i servizi pubblici.

Ismail Khan è sempre stato tra i più feroci signori della guerra (anche se una classifica è veramente ardua in Afghanistan) soprattutto contro le donne: a Herat aveva imposto il controllo della verginità per tutte le ragazze trovate fuori di casa.

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Dopo il ritiro degli americani si andrà verso una nuova guerra civile? Quelli come Ismail Khan “pensano che appena le forze straniere se ne andranno dall’Afghanistan, ricominceranno la guerra civile, così potranno perseguire i loro obiettivi ignobili di accumulare nuove ricchezze e di far fuori i loro rivali”, sostiene Belqis Roshan, senatrice della provincia di Farah, al confine con Herat.

La debolezza del presidente Karzai favorisce lo scontro per il potere anche se ipocritamente i signori che si stanno riarmando dicono di farlo per rafforzare il potere di Kabul. Sebbene Ismail Khan si sia portato avanti radunando e reclutando migliaia di suoi seguaci, non è l’unico a farlo. Anche il primo vicepresidente di Karzai, il tagiko maresciallo Muhammad Qasim Fahim, trova un buon motivo per rafforzare le proprie truppe: “Se le forze di sicurezza afghane non saranno in grado di affrontare questa guerra (contro i taleban, ndr), potranno ricorrere ai mujahiddin”. Soltanto che la guerra contro i taleban difficilmente riunirà le varie componenti dei mujahiddin, visto che ognuno lotta per il proprio potere. Tuttavia nel gennaio del 2012 un altro leader tagiko Ahmad Zia Massoud, fratello minore di Shah Massoud assassinato alla vigilia dell’11 settembre, si è riunito a Berlino con altri signori della guerra: l’uzbeko Abdel Rashid Dostum, l’hazara Haji Mohammad Mohaqiq e Amrullah Saleh, ex direttore dei servizi segreti afghani, sotto l’egida degli Usa, per firmare un accordo in base al quale ogni trattativa con i taleban sarà possibile solo se condivisa da tutte queste componenti.

Ma è lo stesso Ahmad Zia Massoud a non confidare in una riconciliazione con i taleban “buoni”, come vorrebbero gli americani, e ad affermare che tutti hanno un proprio piano B e per questo si riarmano.

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Se questo è il futuro che si prepara per l’Afghanistan vuol dire che si ricomincerà dal 1992, poco dopo la partenza dei sovietici, e sancirà il fallimento totale dell’intervento Usa e della Nato in Afghanistan.

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