L’Iraq sopravviverà all’invasione qaedista dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil)?
Forse sì ma non sarà più quello di prima. La possibilità che l’Iraq ne esca diviso in base all’appartenenza etnico-confessionale è molto probabile. In queste ore l’avanzata dei jihadisti continua, Baquba si trova solo a una sessantina di chilometri da Baghdad.
Invece di marciare sulla capitale i qaedisti hanno preso di mira la raffineria di Baiji, la più grande dell’Iraq, il cui controllo potrebbe mettere in ginocchio il governo sciita di al Maliki. La produzione del petrolio comunque crollerà con il ritiro di buona parte del personale delle maggiori compagnie petrolifere straniere – Exxon Mobil, Bp, Petrochina, i cinesi che controllano i maggiori giacimenti – con, per ora, l’esclusione dell’Eni.
Il ministro degli esteri iracheno Zohari, a nome del governo, chiede agli Usa di bombardare l’Isil, Tehran offre il proprio aiuto. Riuscirà l’Iraq a far alleare due nemici storici come gli Usa e l’Iran? Gli interessi riescono spesso ad arrivare dove la diplomazia non trova soluzioni. L’Iran non ha bisogno degli Usa per entrare in Iraq, che già controlla in buona parte grazie ai partiti sciiti e dove ha già inviato le Guardie della rivoluzione con il pretesto di proteggere i luoghi sacri.
Ma Obama non può rinunciare all’Iraq dopo un’occupazione che è costata molto al paese sia in dollari che vite umane. Ma come? Non può certo inviare truppe e i bombardamenti con i droni basteranno? A insinuare dubbi sull’effetto dei bombardamenti è il generale Martin Dempsey, capo di stato maggiore Usa: gli obiettivi da colpire sono estremamente mobili e gli “effetti collaterali” potrebbero rappresentare un boomerang per Obama. Ancora più inviso ai repubblicani Usa un’intesa con l’Iran, che chiede in cambio un accordo sul nucleare.
L’Isil difficilmente arriverà a Baghdad perché il gruppo qaedista preferisce combattere dove ha la possibilità di vincere e la capitale irachena potrebbe essere una trappola poiché la maggioranza degli abitanti è sciita. Inoltre l’esercito che si è ritirato di fronte all’avanzata jihadista nel nord sunnita potrebbe cercare proprio a Baghdad il riscatto.
Il premier al Maliki paga nel peggiore dei modi la discriminazione nei confronti dei sunniti e la loro esclusione dell’esercito. Questa scelta ha indotto molti capi tribali sunniti a non opporsi all’avanzata dell’Isil. Il gruppo qaedista si è rafforzato con i combattimenti in Siria che gli hanno fornito petrodollari – gli altri dollari li hanno prelevati dalle banche irachene nelle città occupate -, armi e uomini. Il successo militare nel nord della Siria ha aumentato il numero degli arruolati. Per conquistare la complicità della popolazione, dove sono arrivati i jihadisti hanno dimezzato il prezzo della benzina e dei beni di prima necessità. Una complicità che sarà pagata a duro prezzo con la sottomissione alla versione più arcaica della sharia, la legge coranica. E come nelle guerre più sporche vengono arruolati anche i bambini. L’esercito di al Maliki assolda bambini di 10 anni, ma nelle immagini compaiono anche donne armate di kalashnikov. I qaedisti invece fanno assistere i bambini alle loro orribili esecuzioni.
E intanto è ricominciato l’esodo, si parla di un milione e mezzo di profughi alla ricerca di un luogo sicuro, molti si sono diretti verso il Kurdistan, meta già da tempo di chi fugge dalla guerra in Siria. Continua il cammino senza meta di centinaia di migliaia di disperati che non hanno altro obiettivo che la sopravvivenza.