Gli algerini respingono i trucchi del «clan» | Giuliana Sgrena
Top

Gli algerini respingono i trucchi del «clan»

Sesto venerdì di manifestazioni in tutta l'Algeria, milioni in piazza: non basta l'estromissione di Bouteflika voluta dall'esercito. Per la prima volta la protesta in diretta sulla tv pubblica

Gli algerini respingono i trucchi del «clan»
Preroll

Giuliana Sgrena Modifica articolo

30 Marzo 2019 - 18.55


ATF

Per la prima volta dall’inizio delle manifestazioni contro il regime, il 22 febbraio, la televisione pubblica ieri ha organizzato una diretta. Le prime manifestazioni erano state ignorate e la censura aveva provocato le proteste dei dipendenti dell’ente pubblico, il cui direttore è stato licenziato pochi giorni fa.

La manifestazione di ieri, per il sesto venerdì consecutivo, ha avuto ancora più partecipazione di quelle precedenti, in tutta l’Algeria: Algeri, Orano, Costantina, Tizi Ouzou, Bejaia, Biskra, Bouira, Skikda, Saida (sotto la pioggia battente), Annaba, Relizane, Tiaret, Tebessa. E le manifestazioni non si limitano al venerdì, ma continuano incessantemente ogni giorno della settimana con la partecipazione di tutti i settori della società.

I tentativi del capo di stato maggiore, Ahmed Gaid Salah, di estromettere Bouteflika in base all’articolo 102 della costituzione, senza intaccare il regime è stato respinto dal popolo algerino, che rivendica l’applicazione dell’articolo 7: «La sovranità nazionale appartiene esclusivamente al popolo».

E in piazza c’è il popolo: giovani, donne, anziani. «La transizione deve essere gestita esclusivamente dal popolo sovrano, non dal potere che è respinto», scandiscono i manifestanti. E ancora: «Ni Bensalah ni Gaid Salah» (né Bensalah – il presidente del Senato che in base all’articolo 102 dovrebbe gestire il potere in caso di estromissione del presidente della repubblica – né Gaid Salah).

I manifestanti, nel centro di Algeri, sono sostenuti dalla popolazione che distribuisce cibo e acqua. Dilem, famoso caricaturista che pubblica ogni giorno la sua vignetta sul quotidiano Liberté, ha dichiarato ieri: «Sbarazziamoci una volta per tutte di questa casta che ha preso in ostaggio il paese 57 anni fa! Rappresenta lo stesso sistema basato su una pretesa legittimità storica con i padri della rivoluzione, i padri della nazione, etc. Che un paese così ricco e giovane si ritrovi sistematicamente agli ultimi posti nelle classifiche internazionali è inammissibile. Le immagini delle manifestazioni oggi ci riconciliano con il nostro futuro. Che se ne vadano tutti».

Un elicottero sorvola Algeri mentre i gruppi antisommossa hanno bloccato i manifestanti su boulevard Mohammed V per impedire che si avvicinino al palazzo della presidenza a El Mouradia, sulla collina di Algeri, con lacrimogeni e getti d’acqua. L’atteggiamento dei manifestanti verso i poliziotti continua a essere estremamente conciliante: «Siamo fratelli».

I più accaniti sostenitori fino a ieri di Bouteflika sono passati dalla parte del capo di stato maggiore Gaid Salah, un nuovo nome entrato nel mirino dei manifestanti. Il Fln, l’ex partito unico, ancora il più importante nel panorama politico algerino, non ha saputo o potuto prendere una posizione sulla «proposta» del capo di stato maggiore: le divisioni interne e la mancata legittimità dei dirigenti impediscono qualsiasi decisione ufficiale.

Altri sostenitori di Bouteflika si sono dileguati: Ali Haddad, presidente del Forum dei capi di impresa, la principale organizzazione padronale, si è dimesso dall’incarico che occupava dal 2014. Anche il leader del potente sindacato filogovernativo Unione generale dei lavoratori algerini (Ugta), Abdelmajid Sidi Said, ha saltato l’ostacolo per schierarsi con il capo dell’esercito. Lo stesso Gaid Salah era il braccio destro di Bouteflika e come lui implicato nella gestione di un sistema corrotto.

Quando le cose si mettono male, si salvi chi può. Ma la sorte di tutti gli uomini al potere è in bilico di fronte alla determinazione dell’opposizione di piazza che sembra riuscire là dove finora i partiti di opposizione non erano riusciti.

Dopo sei settimane di mobilitazione si pone però la domanda su chi potrà gestire la transizione. Tra i nomi emersi finora uno solo sembra inattaccabile: Djamila Bouhired, moujahida, combattente della guerra di liberazione, condannata a morte dai francesi, che non ha mai goduto dei privilegi riservati dal potere ai moujahidin e che fin dall’inizio ha appoggiato la protesta contro il sistema.

In Piazza Audin i manifestanti hanno fatto staccare un manifesto dell’ex presidente Zeroual che qualcuno voleva richiamare in carica per gestire questa fase. Un’altra carta del potere che viene scartata.

il manifesto 30 marzo 2019

 
 

 

Native

Articoli correlati