Il prezzo della libertà è costato alla Tuni-sia 40.000 gio-vani che hanno lasciato il paese su imbar-ca-zioni di for-tuna. Di que-sti 1.500 sono scom-parsi in mare. Il dato si rife-ri-sce al 2011, primo anno della rivo-lu-zione, ed è for-nito da un rap-porto del Forum tuni-sino per i diritti eco-no-mici e sociali (Ftdes) dal titolo «I migranti dispersi in mare nel 2011». Nel 2012 gli scom-parsi sono stati 350.
Nes-suno potrà impe-dire a que-sti gio-vani di par-tire. «Ce ne saranno sem-pre di più, indi-pen-den-te-mente dai rischi e dalle poli-ti-che di Fron-tex, per-ché la loro par-tenza è legata alla situa-zione eco-no-mica e sociale in Tuni-sia», sostiene Mes-saoud Rom-d-hani, tra i fon-da-tori di Ftdes e vice-pre-si-dente della Lega tuni-sina per i diritti umani.
Le fami-glie degli scom-parsi non vogliono dimen-ti-care e con-ti-nuano a lot-tare per sapere cosa è suc-cesso ai loro parenti. «Che siano morti o vivi noi lo accet-tiamo, è la volontà divina. Tutto quello che vogliamo è una rispo-sta», sostiene Has-san che con-ti-nua a cer-care il fratello.
300 fami-glie si sono rivolte a Ftdes, che oltre a rac-co-gliere testi-mo-nianze e docu-men-ta-zioni sui nau-fragi è impe-gnata in una bat-ta-glia per cono-scere la sorte sugli scomparsi.
Ieri a Roma in una con-fe-renza stampa alla Camera dei depu-tati Rom-d-hani ha lan-ciato – insieme a Cgil, Coor-di-na-mento nazio-nale comu-nità di acco-glienza e Ponte per – la pro-po-sta di costi-tuire una com-mis-sione d’inchiesta italo-tunisina per cono-scere la sorte dei dispersi nel canale di Sici-lia. Alla com-mis-sione dovreb-bero par-te-ci-pare rap-pre-sen-tanti dei governi ita-liano e tuni-sino, le fami-glie degli scom-parsi, espo-nenti della società civile ed esperti indi-pen-denti. La pro-po-sta, già sot-to-po-sta alla Com-mis-sione per i diritti umani del senato, ieri pome-rig-gio è stata pre-sen-tata al vice-mi-ni-stro dell’interno Bubbico.
In que-sta due giorni a Roma, Rom-d-hani e le asso-cia-zioni che sosten-gono l’iniziativa del Ftdes in Ita-lia, hanno orga-niz-zato gli incon-tri con il governo per tro-vare rispo-ste per le fami-glie tuni-sine. Non è la prima volta che que-ste richie-ste sono avan-zate al governo ita-liano, una dele-ga-zione dei fami-liari degli scom-parsi è già venuta in Ita-lia nel gen-naio 2012. Allora la pro-po-sta era di con-fron-tare le impronte digi-tali, ma non se ne è mai fatto nulla.
L’unica con-creta rispo-sta ita-liana è quella dei respin-gi-menti, attuati in base a un accordo «prov-vi-so-rio» con-cluso il 5 aprile del 2011 dal mini-stro Roberto Maroni con il suo omo-logo tuni-sino Habib Essid, che faceva parte del governo di tran-si-zione. Allora il pre-mier Essabsi aveva pre-ci-sato che in base all’accordo il governo ita-liano avrebbe con-cesso 22.000 visti Schen-gen con la vali-dità di tre mesi, ma 800 tuni-sini sareb-bero stati rim-pa-triati. La scelta dei rim-pa-tri in base a quale cri-teri è stata fatta? Non si è mai saputo. E a pro-po-sito di respin-gi-menti (che con-ti-nuano) Rom-d-hani ha ricor-dato che in Tuni-sia non è pre-vi-sto il diritto d’asilo, anche se la società civile sta lot-tando per otte-nerlo. Di con-se-guenza «la Tuni-sia non può assi-cu-rare la pro-te-zione delle per-sone con-si-de-rate in uno stato di peri-colo nel loro paese di origine».
Le fami-glie degli scom-parsi non si arren-dono, ma alcuni hanno perso la spe-ranza. Tre madri hanno ten-tato il sui-ci-dio. Jan-net Rhimi, madre del gio-vane Wis-sem, scom-parso dal 29 marzo del 2011, si è data fuoco il 21 aprile del 2012 e ha ripor-tato gravi ustioni. Altre madri con-ti-nuano la ricerca attra-verso foto, imma-gini che hanno visto alla tele-vi-sione. Non si può ela-bo-rare un lutto se non c’è la cer-tezza della morte.
In Ita-lia vi sono tante tombe senza un nome, si potrebbe fare un con-fronto del Dna, sug-ge-ri-sce Piero Sol-dini, respon-sa-bile immi-gra-zione della Cgil. La Cgil dopo la rivo-lu-zione ha con-so-li-dato i rap-porti con il mag-giore sin-da-cato tuni-sino, Ugtt, e ha costruito una rete di infor-ma-zione sui migranti che dovrebbe coin-vol-gere tutti i paesi del Mediterraneo.
Il rap-pre-sen-tante del Ftdes ha sot-to-li-neato la neces-sità di una col-la-bo-ra-zione tra le società civili delle due sponde del Medi-ter-ra-neo per cam-biare la poli-tica sulla migra-zione. E pro-prio ieri era in discus-sione al Senato la revi-sione della legge Bossi-Fini con la can-cel-la-zione del reato di clandestinità.
Cam-biare poli-tica per «assi-cu-rare dignità e rispetto alle per-sone in fuga da fame e guerre. Le poli-ti-che vanno ela-bo-rate a par-tire da que-sto prin-ci-pio ele-men-tare», sostiene Armando Zap-po-lini, pre-si-dente nazio-nale del Cnca.
Pur-troppo l’Italia e l’Europa hanno visto le rivo-lu-zioni in corso nei paesi arabi non come un’opportunità di nuovi rap-porti da sta-bi-lire nello spa-zio comune del Medi-ter-ra-neo ma solo come il peri-colo di uno «tsu-nami» (Maroni) migra-to-rio. E invece la società civile ha dimo-strato al Forum sociale mon-diale, che si è tenuto lo scorso marzo pro-prio a Tunisi, che una cit-ta-di-nanza medi-ter-ra-nea è pos-si-bile. Occorre dun-que raf-for-zare l’alleanza tra gruppi della società civile altri-menti «ogni sforzo di soli-da-rietà nel Medi-ter-ra-neo rischia di essere solo una stam-pella agli accordi com-mer-ciali e al con-trollo e alla mili-ta-riz-za-zione delle fron-tiere», ha insi-stito Dome-nico Chi-rico, diret-tore di Un ponte per.
E la società civile tuni-sina è molto attiva e lo è stata per impe-dire che la costi-tu-zione, che si sta per varare, facesse arre-trare il paese sui prin-cipi fondamentali.
«Nono-stante la forte pre-senza di Ennah-dha al potere e nell’Assemblea nazio-nale costi-tuente molti cam-bia-menti sono stati fatti rispetto alla prima bozza che voleva intro-durre la sha-ria come fonte legi-sla-tiva o ridurre i diritti della donna a com-ple-men-tari di quelli dell’uomo. Molti pro-gressi sono stati fatti ma restano delle ambi-guità, come l’islam reli-gione di stato; ai tempi di Bur-ghiba l’islam era la reli-gione dei tuni-sini non dello stato. Quindi per quanto riguarda gli arti-coli ambi-gui dipen-derà dall’interpretazione futura e dalla mobi-li-ta-zione della società civile per con-trol-larne l’evoluzione».
«Insomma – con-clude Mes-saoud Rom-d-hani, – il dia-volo è nei dettagli».
il manifesto 17 gennaio 2014