La Tunisia ha paura di votare | Giuliana Sgrena
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La Tunisia ha paura di votare

Meno del 20 per cento di tunisini iscritti alle liste elettorali

La Tunisia ha paura di votare
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2 Agosto 2011 - 11.52


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Un adesivo rosso con lo slogan «io mi sono iscritto» incollato su una maglietta, su una borsa, su un libro, sperando che i tunisini si incuriosiscano e chiedano informazioni. A volte succede. Nora si è girata tutto il suq ed è tornata soddisfatta: «Molti mi hanno promesso di andarsi a iscrivere…». L”iscrizione alle liste elettorali è diventato il vero incubo dei democratici, e non solo, di tutti coloro che vogliono che questo difficile processo democratico vada avanti. La scadenza è vicina, anche se il termine del 2 agosto è stato spostato al 14. Lo ha annunciato il presidente dell”Istanza superiore indipendente per le elezioni della costituente, Kamel Jendoubi. Su un totale di circa 7,9 milioni di tunisini con diritto al voto, fino a due giorni fa ne risultavano iscritti 1,8 cioè poco più del 20 per cento (la maggior parte tra i 30 e i 41 anni). «E questo – ha aggiunto Jendoubi – sarà l”ultimo rinvio».
Cosa succederà se la maggioranza dei tunisini non si iscriverà? Forse saranno utilizzate le vecchie liste elettorali, per ora bisogna concentrarsi sulla campagna per le iscrizioni: recuperato il materiale stampato dall”apposita istanza, che ha riempito le vie della capitale – così come i giornali – di pubblicità per le iscrizioni, bisogna fare il porta a porta, organizzare gazebo nei luoghi più frequentati, vincere l”indifferenza, la confusione, la sfiducia degli elettori di fronte al proliferare di partiti – sono già un centinaio. Non è facile.
Il Fronte delle donne per l”uguaglianza ha optato per la spiaggia di Tunisi, la Marsa, anche se non è una giornata delle migliori: il vento solleva folate di sabbia e polvere. Per fortuna ci sono i gazebo, uno organizzato dalle donne e l”altro dal Polo democratico modernista (Pdm), i presenti sono tutti militanti di Ettajdid, il movimento nato dall”ex partito comunista e di fatto l”anima del Pdm. Nonostante la musica a tutto volume, il video con le immagini della manifestazione del 21 luglio «per la democrazia contro la violenza» non interessano a molti tunisini. Le più curiose sono le donne, sorprendentemente quasi tutte velate, forse le meno informate. Si siedono e ascoltano tutte le spiegazioni sull”utilità del voto, il significato della costituzione e la democrazia. Forse una conferma di un «sondaggio» raccontatoci da giornalista tunisino, che aveva parlato con donne velate al sud come al nord: solo il 20 per cento di loro si era detta convinta di votare Ennahda, il partito islamista più quotato. Nei giorni scorsi, durante la manifestazione del polo democratico, avevo parlato con alcune giovani velate che assistevano perplesse al passaggio del corteo. «Non vi convince lo slogan contro la violenza?», avevo chiesto. «Anche noi siamo contro la violenza, non sono gli islamisti i violenti ma coloro che li accusano». Chi? «Tutti quelli che li accusano».
Se il riferimento è alla polizia, non si può negare che spesso il comportamento non è migliorato. Ci sono ancora soprusi, come durante la recente manifestazione di Kasbah 3, anche se non paragonabili ai tempi di Ben Ali. Torture e violazioni dei diritti dell”uomo nel dopo-dittatura sono ben documentati in un rapporto pubblicato il 21 luglio, «La Tunisia post-Ben Ali di fronte ai demoni del passato», realizzato dal Consiglio nazionale per le libertà in Tunisia, la Lega tunisina e quella internazionale dei diritti dell”uomo. Ma non si può neanche sostenere che tutte le violenze sono attribuibili alle forze dell”ordine, anzi. Attacchi alle caserme per rubare le armi, irruzioni nelle case per bloccare matrimoni, distruzione di luoghi di divertimento, minacce contro le donne sono una realtà. Pur non sostenendoli, i leader islamisti ne giustificano gli autori.
Sulle elezioni gli islamisti mantengono un atteggiamento ambiguo: prima le volevano subito e si erano opposti allo spostamento al 23 ottobre, ora non si allarmano per le scarse iscrizioni. Si sono resi conto di non essere così forti? Pia illusione: le forze democratiche saranno anche più forti ma si presentano divise, a parte il Polo democratico modernista che l”altro giorno ha portato in piazza qualche migliaio di persone, mobilitazione insufficiente per avere una forte presenza nella costituente. E la sinistra trotzkista, che ha appena terminato il suo primo congresso – rinunciando per ora a cambiare il nome come aveva proposto il suo leader Hamma Hammami, perché la definizione comunista fa ancora paura in Tunisia – flirta con gli islamisti. Mentre i partiti della sinistra si scontrano con la mancanza di risorse, Ennahda non fa economie: grazie ai finanziamenti che riceve, soprattutto dai paesi del Golfo, continua la sua politica di aiuti alla popolazione. Innanzitutto alle donne che accettano di restare a casa lasciando il lavoro, offerto ai maschi. E poi organizzando matrimoni collettivi, come domenica scorsa a La Manouba. Ennahda si è fatta carico di tutto per sette coppie: dalle spese per il parrucchiere al vestito della sposa, l”affitto della sala per la festa, i regali, le macchine addobbate per il trasporto alla moschea e la stanza d”albergo dove passare la prima notte. Dopo la sosta alla moschea, gli sposi sono stati portati in carrozza a fare il giro della città e poi allo stadio Saida Sassi, accolti da fuochi d”artificio, musiche, religiose e non. A fare gli onori di casa, naturalmente, i rappresentanti del partito, esperti in marketing politico.
Con il Ramadan, ora saranno le moschee a fare la differenza e così sono già arrivati gli imam formati dai wahabiti in Arabia Saudita. Gli appelli del ministro degli affari religiosi Laroussi Mizouri a rispettare la legge, lasciando fuori dalle moschee la politica, hanno scarso successo. Il mese del digiuno è anche quello in cui si legge di più e soprattutto si guarda di più la televisione, l”ideale per sponsorizzare i partiti. La legge sulla stampa in Tunisia non è stata ancora varata ma in questi giorni dovrebbe esserne promulgata una per le elezioni, ed è stata annunciata la costituzione di un osservatorio sui media nel periodo elettorale. A realizzarlo, una coalizione di ong, tra le quali due di donne (che sono il 50 per cento nelle liste elettorali). Un compito arduo in una situazione come quella tunisina dove la formazione professionale è carente, la censura e l”autocensura sono introiettati dopo decenni di dittatura e, soprattutto, la presenza di ex responsabili della stampa di Ben Ali in punti chiave ostacola la libertà di informare. È una sfida importante, decisiva per arrivare a una consultazione il più libera possibile, sempre che i tunisini ne approfittino. L”indifferenza, la confusione e la sfiducia rischiano di far fallire sul nascere un”esperienza che aveva suscitato tante speranze in tutto il Mediterraneo. ‘

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