Con le bandiere a mezz”asta è iniziato ieri in Tunisia il lutto per le vittime della «rivoluzione dei gelsomini» (un centinaio secondo le fonti dell”Onu) che durerà tre giorni. Il lutto per i «martiri» non ha tuttavia fermato le proteste. E nemmeno l”annuncio di nuove candidature alle prossime elezioni presidenziali, ieri è stata la volta del giornalista Toufik Ben Brik, acerrimo nemico di Ben Ali, che nel 2009 aveva passato sei mesi in carcere. Invece sembra che il leader del partito islamista Ennahda, Rachid Ghannouchi, non sia intenzionato a presentarsi, anche perché non potrà rientrare nel paese finché non sarà varata dal parlamento la legge di amnistia. Comunque, secondo le autorità, 1.800 prigionieri sarebbero già stati liberati.
Ieri, centinaia di persone hanno manifestato, come ogni giorno, nella centrale via Bourghiba per chiedere lo scioglimento del nuovo governo e del partito Rcd (Raggruppamento costituzionale democratico), la cui insegna è stata tolta dal palazzo di vetro che lo ospitava.
Arrivati all”altezza del ministero dell”interno i manifestanti si sono trovati davanti la polizia pronta a disperderli con gli idranti. La protesta si è poi conclusa nella piazza Muhammad Ali davanti alla sede dell”Unione generale dei lavoratori tunisini (Ugtt) con i manifestanti che urlavano slogan a favore di uno sciopero generale. La sede del sindacato è stata il punto di riferimento a Tunisi della rivolta anche se non sempre l”Ugtt è stata compatta nel sostenere le rivendicazioni della base che tuttavia è finora riuscita a far prevalere le proprie posizioni, condivise da tutte le forze «rivoluzionarie». Proprio il Comitato amministrativo aveva fatto ritirare i tre candidati ministri proposti dalla direzione. Ieri hanno manifestato anche poliziotti che chiedono un loro sindacato e che protestavano per non aver ricevuto lo stipendio.
Le proteste convivono con la ripresa delle attività, lunedì saranno riaperte le scuole e le università mentre l”industria tessile ha già ripreso il lavoro. Per il turismo, una delle principali risorse del paese, invece occorre attendere maggiore sicurezza.
I rivoluzionari dei gelsomini sembrano decisi ad andare fino in fondo, a non cedere finché non verranno soddisfatte le loro richieste che vengono appoggiate dalla gente comune, ma questa durezza è sostenuta con una lotta assolutamente non violenta. Non a caso tutte le vittime sono manifestanti a partire da quelli come Mohamed Bouazizi, il giovane laureato-venditore ambulante di Sidi Bouzid che si è dato fuoco. Una forma di lotta che sta contagiando i paesi vicini, dall”Algeria all”Egitto.
Oggi ad Algeri si terrà la manifestazione convocata dal Raggruppamento per la cultura e la democrazia (Rcd, principale partito d”opposizione, laica) nonostante la mancata autorizzazione. Una marcia per evitare «il naufragio dell”Algeria», si legge nella convocazione, e per «esigere la liberazione di tutti i detenuti arrestati durante le ultime proteste, la revoca dello stato d”emergenza, la restaurazione delle libertà».
Una manifestazione, organizzata da islamisti, sindacati e partiti di sinistra, si è invece svolta ieri ad Amman al termine della preghiera per protestare contro il carovita e la politica economica del governo. I manifestanti chiedevano anche l”allontanamento del primo ministro Samir Rifaï e la costituzione di un governo di unità nazionale.
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Tunisia. Parte la corsa alle candidature
Commemorazione delle vittime della rivoluzione
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22 Gennaio 2011 - 11.52
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