La lotta al terrorismo, dall’11 settembre, giustifica ogni avventura bellica. Anche se non si può fermare la spirale del terrore con la guerra: erano iniziati da poche ore i bombardamenti dei caccia francesi in Mali quando è scattato l’allarme antiterrorismo in Francia. All’intervento francese sono seguite immediatamente le minacce di Ansar Eddine (uno dei gruppi terroristi che sta occupando il nord del Mali) e c’è da sperare che restino solo minacce.
Con l’intervento francese (appoggiato dagli Usa e da altri paesi europei, Gran Bretagna in testa) salta il dialogo tra jihadisti e governo, sponsorizzato dal Burkina Faso che ora, a sua volta, annuncia l’invio di un contingente. L’Ecowas (Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale) stava già preparando un contingente di 3.300 uomini, ma il presidente Traoré ha preferito accelerare l’azione militare chiedendo aiuto alla Francia, che ha risposto immediatamente, avvalendosi anche della risoluzione approvata dall’Onu il 20 dicembre.
L’attacco in Mali avviene a poche settimane dal viaggio del presidente Hollande ad Algeri dove parlando di “rispetto delle memorie, di tutte le memorie” aveva cercato di migliorare i rapporti con l’ex colonia. Da mesi l’Algeria è terrorizzata da un’internazionalizzazione del conflitto alle sue frontiere e l’intervento francese apre la strada a un intervento occidentale più ampio. Ma Algeri, cambiando improvvisamente posizione, non ha condannato l’intervento francese, considerando la richiesta del Mali un “atto sovrano” e lasciando intravedere un possibile intervento algerino contro gli islamisti che occupano il nord del paese confinante. Del resto dal Mali partono le azioni di al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi), formato nel 2006 dal Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, una frazione dei Gruppi islamici armati algerini.
L’intervento francese, annunciato quando era già in corso e senza chiedere l’autorizzazione del parlamento, risponde innanzitutto agli interessi della Francia che in Mali sfrutta le materie prime, principalmente l’uranio. Proprio come era avvenuto nella crisi libica, la Francia si lancia per prima ma non è escluso che venga seguita da altri paesi europei che potrebbero impiegare le forze che stanno ritirando dall’Afghanistan. Peraltro proprio dalla Libia sono arrivati molti jihadisti, che dallo scorso marzo occupano il Mali settentrionale, e anche le armi. Il Mali è un crocevia del traffico di armi e droga, quest’ultima arriva in gran parte dal Marocco passando per il sud dell’Algeria. Il traffico si è ulteriormente arricchito con il business dei sequestri.
Ora, l’intervento militare francese probabilmente provocherà una nuova diaspora dei jihadisti ma sicuramente non la fine del terrorismo.