Da domenica 9 dicembre un muro di cemento circonda il palazzo presidenziale e segna la separazione tra Morsi e l’Egitto che si oppone alle sue decisioni. E gli F 16 che domenica hanno sorvolato il Cairo sono una manifestazione della forza dell’esercito, il cui appoggio è imprescindibile per governare.
Dopo il braccio di ferro con l’opposizione riunita nel Fronte di Salvezza e l’avvertimento dell’esercito che aveva invitato il presidente ad avviare un dialogo per evitare che l’Egitto entrasse “in un tunnel buio con effetti disastrosi”, Morsi ha deciso di annullare il decreto del 22 novembre che gli concedeva pieni poteri. Il decreto non è più in vigore dall’8 dicembre, ma non annulla le decisioni prese fino a quel momento: è quindi mantenuto il referendum sulla costituzione fissato per il 15 dicembre.
Una costituzione che sarebbe stata elaborata da un’assemblea non costituzionale, secondo la Suprema corte che ha già sciolto il parlamento. La stessa corte, che nei giorni scorsi doveva esprimersi sull’assemblea costituente, non ha potuto riunirsi, impedita dagli islamisti sostenitori di Morsi. Inoltre il testo costituzionale è stato deciso e votato solo dalla componente islamista (Fratelli musulmani e salafiti), dopo il ritiro delle forze laiche e liberali. Una costituzione che, introducendo la sharia come principale fonte di legge, viola i diritti di altre componenti religiose del paese, a partire dai copti, e viola i più elementari diritti umani, come quelli delle donne.
La protesta del Fronte della salvezza continua, mentre Morsi chiede l’aiuto dell’esercito, al quale ha attribuito maggiori poteri per garantire l’ordine pubblico e poter realizzare il referendum. Quale sarà l’atteggiamento dell’esercito, dopo le sette vittime già provocate durante la recente protesta?
L’opposizione ha deciso di boicottare il referendum, che però ha tutte le possibilità di passare, ma rischia di rendere insanabile la divisione del popolo egiziano. Morsi e i fratelli musulmani non vogliono rinunciare ai propri obiettivi e per farlo mantengono anche una ferrea censura sulla stampa. È stata chiusa la tv satellitare Dream tv per aver trasmesso una intervista a un leader della rivoluzione. Anche i giornalisti partecipano alla protesta del Fronte della salvezza che viene ormai definita dai suoi protagonisti “seconda rivoluzione”.