Cara Cristina,
spero tu stia bene, e sono rassicurata da quanto ha riferito l’avvocato del consolato italiano, che ti ha fatto visita, alla tua famiglia, ma sappiamo che le ferite più profonde, in questi casi, non sono quelle fisiche. Sii forte.
Sono passati cinque giorni da quando ti hanno trasferita al Dipartimento immigrazione di Gaziantep per il rimpatrio e ancora sei trattenuta senza nessun motivo.
Dopo che è venuta meno l’assurda accusa di propaganda terroristica (per una foto in cui compariva anche una bandiera del Pkk trovata sul profilo Facebook) ed è stata decisa la tua espulsione.
Per quanto anche questa sia da considerare ingiusta: tu con la delegazione del Cisda (Comitato italiano di solidarietà con le donne afghane), come molti altri osservatori, volevate solo contribuire allo svolgimento democratico del voto in Turchia, anche per i curdi. E invece il 24 giugno, durante un controllo della polizia nella provincia di Batman, sei stata fermata.
Rimandavo di giorno in giorno il desiderio di scriverti perché speravo, e spero ancora, nella tua imminente liberazione. È insopportabile l’idea di saperti rinchiusa, senza comunicazioni con l’esterno, senza nessuna accusa.
Il trattamento che ti è stato riservato ha provocato ovunque reazioni indignate e l’espressione di tanta solidarietà che sono sicura ti sarà giunta anche dietro le sbarre che ti privano della libertà. D’altra parte non poteva che essere così, come non essere solidali con te che ti sei sempre schierata con gli ultimi, con chi soffre ingiustizie, discriminazioni e violenze, dall’Algeria all’Afghanistan fino alla Turchia, senza dimenticare il nostro paese.
Non ti sei mai risparmiata, sempre generosa e disponibile, con tutti, ma soprattutto con le donne. Di fronte alle emergenze ci sei sempre stata, si può sempre contare su di te.
Eppure viviamo momenti bui dove sotto accusa sono coloro che si impegnano nel mondo della solidarietà, che salvano i profughi in mare, che aiutano chi fugge dalle guerre e dalla fame, che si battono per i diritti umani.
Sembra che il mondo si sia capovolto: i diritti umani sono diventati blasfemi con l’incalzare della barbarie.
E mentre penso a te dietro quelle fredde mura (anche se fuori il clima sarà rovente) mi viene il dubbio che invece di pensare solo a te stessa ti stia preoccupando anche per tutti quei profughi che sono rinchiusi nel Dipartimento immigrazione in attesa di espulsione. Sono molti e al loro rientro li attende l’inferno che volevano lasciarsi alle spalle. Come ignorarlo?
Torna presto Cristina perché c’è molto da fare e sicuramente l’averti detenuta ingiustamente non avrà diminuito la tua voglia di giustizia anche per gli altri e le altre.
In questo momento possiamo solo contare sull’impegno delle autorità italiane ed europee e su tutte le istituzioni perché facciano il possibile per farti rientrare al più presto in Italia.
il manifesto 30 giugno 2018
Cara Cristina,
spero tu stia bene, e sono rassicurata da quanto ha riferito l’avvocato del consolato italiano, che ti ha fatto visita, alla tua famiglia, ma sappiamo che le ferite più profonde, in questi casi, non sono quelle fisiche. Sii forte.
Sono passati cinque giorni da quando ti hanno trasferita al Dipartimento immigrazione di Gaziantep per il rimpatrio e ancora sei trattenuta senza nessun motivo.
Dopo che è venuta meno l’assurda accusa di propaganda terroristica (per una foto in cui compariva anche una bandiera del Pkk trovata sul profilo Facebook) ed è stata decisa la tua espulsione.
Per quanto anche questa sia da considerare ingiusta: tu con la delegazione del Cisda (Comitato italiano di solidarietà con le donne afghane), come molti altri osservatori, volevate solo contribuire allo svolgimento democratico del voto in Turchia, anche per i curdi. E invece il 24 giugno, durante un controllo della polizia nella provincia di Batman, sei stata fermata.
Rimandavo di giorno in giorno il desiderio di scriverti perché speravo, e spero ancora, nella tua imminente liberazione. È insopportabile l’idea di saperti rinchiusa, senza comunicazioni con l’esterno, senza nessuna accusa.
Il trattamento che ti è stato riservato ha provocato ovunque reazioni indignate e l’espressione di tanta solidarietà che sono sicura ti sarà giunta anche dietro le sbarre che ti privano della libertà. D’altra parte non poteva che essere così, come non essere solidali con te che ti sei sempre schierata con gli ultimi, con chi soffre ingiustizie, discriminazioni e violenze, dall’Algeria all’Afghanistan fino alla Turchia, senza dimenticare il nostro paese.
Non ti sei mai risparmiata, sempre generosa e disponibile, con tutti, ma soprattutto con le donne. Di fronte alle emergenze ci sei sempre stata, si può sempre contare su di te.
Eppure viviamo momenti bui dove sotto accusa sono coloro che si impegnano nel mondo della solidarietà, che salvano i profughi in mare, che aiutano chi fugge dalle guerre e dalla fame, che si battono per i diritti umani.
Sembra che il mondo si sia capovolto: i diritti umani sono diventati blasfemi con l’incalzare della barbarie.
E mentre penso a te dietro quelle fredde mura (anche se fuori il clima sarà rovente) mi viene il dubbio che invece di pensare solo a te stessa ti stia preoccupando anche per tutti quei profughi che sono rinchiusi nel Dipartimento immigrazione in attesa di espulsione. Sono molti e al loro rientro li attende l’inferno che volevano lasciarsi alle spalle. Come ignorarlo?
Torna presto Cristina perché c’è molto da fare e sicuramente l’averti detenuta ingiustamente non avrà diminuito la tua voglia di giustizia anche per gli altri e le altre.
In questo momento possiamo solo contare sull’impegno delle autorità italiane ed europee e su tutte le istituzioni perché facciano il possibile per farti rientrare al più presto in Italia.
il manifesto 30 giugno 2018