La violazione dei diritti delle donne non risparmia nemmeno le bambine in Arabia saudita. E così se alle donne è vietato guidare la macchina, alle bambine è proibita la bicicletta. Naturalmente è solo uno dei tanti divieti che relegano le donne in un sistema che si basa sull’apartheid di genere. Una discriminazione illustrata con grande sensibilità e delicatezza dalla prima regista saudita Haifaa al Mansour, che è riuscita a girare un film in un paese, il suo, dove non esistono le sale cinematografiche.
“La bicicletta verde” è il sogno di una ragazzina ribelle che vuole competere con un ragazzo della sua età e per farlo (raccogliere 800 rials per comprare la bici) riesce persino a imparare il corano a memoria per partecipare a un concorso, lo vince, ma il premio non le sarà consegnato perché alla fine rivela il suo obiettivo, incompatibile con il comportamento di una buona musulmana.
Un film che racconta il mondo delle donne saudite, con i maschi-maschilisti e codardi sullo sfondo.
“La bicicletta verde” è stato girato, dopo aver ottenuto tutti i permessi dalle autorità saudite, in gran parte con la regista a dirigere le riprese da dentro un camper. Il risultato è comunque ottimo. E rivelatore di un mondo inaccessibile.
Il film potrà essere visto solo dai sauditi che possono andare all’estero o che compreranno il Dvd. Del resto la stessa regista dice di essersi innamorata del cinema perché suo padre portava a casa, in un piccolo centro lontano dalle grandi città saudite, tanti Dvd.
Ci sono speranze perché le ragazze come Wajda, la protagonista del film, possano liberarsi da tanta oppressione e oscurantismo?
Haifaa al Mansour si dice convinta che le ragazze sono determinate a vivere la loro vita e non potranno più essere costrette a lungo a seguire delle regole drastiche e inaccettabili.
Il film, presentato alla mostra di Venezia e al Torino film festival, sostenuto da Amnesty international, sarà nelle sale dal 6 dicembre.