Dal 21 marzo, giorno di capodanno (Nawroz) in Afghanistan,
almeno cinque donne sono state uccise. Tre a Herat, una delle quali decapitata dal marito. Una è stata uccisa dal marito a Khost e un’altra è stata impiccata per decisione della corte tribale di Paktya (sudest). Halima, 17 anni, è stata ridotta in fin di vita dalle botte del marito.
Altri casi di violenza accaduti nel 2012:
Sahar Gul, 15 anni, torturata dal marito e dalla sua famiglia. Le hanno strappato le unghie e i capelli, mentre il viso e il corpo erano pieni di bruciature. Le torture sono state inflitte a Sahar perché si rifiutava di prostituirsi. Il marito è libero.
Storai è stata picchiata e impiccata dal marito perché aveva dato alla luce una terza bambina. Il marito è libero.
Mumtaz e le sue sorelle sono state attaccate con l’acido perché lei rifiutava un matrimonio forzato. Solo uno dei responsabili è stato arrestato.
Qamar Gul è stata stuprata da due uomini e ora è in carcere con l’accusa di adulterio.
Nazim, 9 anni, è stata stuprata da due zii. E’ in attesa di giustizia. I criminali sono liberi.
Aziza, 14 anni, è stata rapita e stuprata da un signore della guerra della zona di Jawzjan per 20 giorni. Tornata a casa ha denunciato il fatto, ora lei e la famiglia temono ritorsioni. I responsabili sono liberi.
Sima, un’insegnante, è stata uccisa a coltellate dal fratello perché lavorava fuori casa. E’ successo a Baghlan.
Sadaat, 15 anni, è stata costretta a sposare un uomo più vecchio di lei di 30 anni, che la picchiava e torturava tutti i giorni. Si è data fuoco ma è stata salvata. Nessuno è stato arrestato.
Questi sono solo alcuni casi delle ultime violenze contro le donne. Casi noti, perché molto spesso vengono nascosti.
Contro questi crimini e per chiedere giustizia, il 14 aprile a Kabul, Young women for change ha organizzato una manifestazione alla quale hanno partecipato decine di donne.