Il presidente turco Erdogan è un ammiratore di Hitler, lo ha ammesso parlando della sua auspicata riforma presidenziale. Un sultano che ammira il führer è molto preoccupante soprattutto perché nessuno sembra prenderlo sul serio. Forse sarà un lapsus freudiano, ma per l’appunto preoccupante. Soprattutto se avviene dopo il suo discorso bellicoso di fine anno durante il quale, dopo essersi vantato di aver ucciso 3.100 curdi del Pkk nel 2015, ha promesso di eliminarli tutti nel 2016. E siccome per Erdogan tutti i curdi sono nemici, la sua teoria dell’annientamento – anche se forse non pensa di usare le camere a gas – è estremamente inquietante.
Tanto più pericolosa se l’Europa gli assegna la sorte dei profughi e lo paga (3 miliardi di euro, contro 1,5 dato all’insieme di tutti i paesi africani) per impedire loro di varcare le frontiere turche.
Erdogan è tanto più pericoloso perché «alleato» della coalizione occidentale contro l’Isis, un’alleanza che serve al sultano per continuare la sua guerra sporca contro i curdi financo dentro i confini iracheni e quando riuscirà a farlo anche in Siria. Essendo un paese della Nato, che ospita un’importante base aerea a Incirlick, ha mano libera, senza alcun controllo, eccettuati i russi.
Quando il mondo si accorgerà che sta coprendo le mira di un nuovo aspirante stregone che vuole distruggere l’unico esempio di modello democratico – quello di Rojava – in una regione dilaniata da guerra e fondamentalismo?
Come potrebbe combattere il fondamentalismo altrui un sostenitore del potere assoluto che si è fatto costruire una reggia con i soldi dei contribuenti, che vuole applicare la sharia nelle forme più rigide, che sostiene che le donne non valgono nulla e che fa della pulizia etnico-confessionale la sua dottrina?
Nessuna meraviglia, quindi, se ammira Hitler, ma bisogna fermarlo prima che diventi un nuovo führer.