Nuovo carceriere, vecchia barbarie

Amnesty: torture e detenzioni illegali

Nuovo carceriere, vecchia barbarie
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15 Settembre 2010 - 11.52


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Riyadh Mohammad Saleh al Uqaibi, iracheno di 54 anni, è morto in carcere il 12 o il 13 febbraio 2010, per una emorragia interna causata dal pestaggio subito durante un interrogatorio, che gli aveva provocato la rottura delle costole e la lesione del fegato. Ex membro delle Forze speciali irachene, era stato arrestato nel settembre del 2009, trattenuto in un centro di detenzione nella zona verde di Baghdad e poi trasferito in una prigione segreta nel vecchio aeroporto di Muthanna. La famiglia si è vista recapitare suo corpo diverse settimane dopo la morte, con un certificato di decesso per attacco cardiaco.Questo è solo uno dei numerosi casi di abusi e torture contenuti nel rapporto di Amnesty international dal titolo «Nuovo ordine, stesse violazioni, detenzioni illegali e torture in Iraq». Le torture e le detenzioni arbitrarie non sono infatti finite con la caduta di Saddam Hussein o con gli orrori di Abu Ghraib e nemmeno con il trasferimento dei detenuti dalle carceri americane a quelle irachene, avvenuta il 15 luglio scorso per tutti i prigionieri tranne 200 ancora in mano alle forze statunitensi. L”unica differenza rispetto al passato è che ora i riflettori sull”Iraq sono spenti. E intanto decine di migliaia di detenuti – il numero approssimativo è di 30.000 – sono in carcere anche da diversi mesi, a volte anni, senza accuse e condanne. Sono detenuti in luoghi sovraffollati, in pessime condizioni igieniche, con gravi conseguenze sulla salute dei detenuti.E per estorcergli confessioni i prigionieri vengono sottoposti alle torture più disumane: pestaggi con cavi o tubi di gomma, scariche elettriche nelle zone più sensibili del corpo, frattura degli arti, sradicamento delle unghie delle mani e dei piedi, soffocamento, perforazione con trapani, minacce di stupro. In molti casi le confessioni vengono preparate dagli addetti agli interrogatori che costringono poi i detenuti a firmarle con gli occhi bendati senza nemmeno sapere che cosa c”è scritto. Sono queste le confessioni che vengono usate nei processi che portano anche a condanne a morte. Sono oltre 1.200 i detenuti condannati a morte in attesa di esecuzione.Migliaia di persone, denuncia Amnesty, continuano ad essere detenute nonostante ordinanze giudiziarie di rilascio e nonostante la Legge di amnistia del 2008 avesse disposto la scarcerazione di detenuti non incriminati e in prigione da 6-12 mesi. Tutto questo avviene nella totale impunità delle forze di sicurezza irachene che violano costantemente il rispetto dei diritti umani come facevano le forze multinazionali di occupazione.La situazione non è migliore nel Kurdistan dove Amnesty denuncia detenzioni per lunghi periodi da parte degli Asayish (forze di sicurezza kurde) senza nessun processo. Il caso più clamoroso è quello di Walid Yunis Ahmad, 52 anni, padre di tre figli, detenuto senza accusa né processo da dieci anni. Arrestato il 6 febbraio del 2000 a Erbil è la persona che si trova da più tempo in carcere senza processo in Iraq. ‘

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