Da quelle carte una spinta per il ritiro | Giuliana Sgrena
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Da quelle carte una spinta per il ritiro

Le rivelazioni di WikiLeaks

Da quelle carte una spinta per il ritiro
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27 Luglio 2010 - 11.52


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Obama potrebbe prendere la palla al balzo: quale migliore occasione per avviare una veloce exit strategy delle rivelazioni del diario della guerra segreta in Afghanistan? I 92.000 documenti segreti sulle atrocità e gli abusi della guerra americana in Afghanistan, dal 2004 al 2009, rivelati dal sito web WikiLeaks (contemporaneamente con il quotidiano statunitense The New York times, il britannico The Guardian e il settimanale tedesco der Spiegel), riguardano gli anni di Bush, ma pesano come macigni anche sulla nuova presidenza e renderanno vana quella «nuova» strategia di Obama che nasce già logora e senza speranza di successo.Come si può infatti pensare di ridurre l”ostilità degli afghani dopo gli orrori commessi dalla coalizione occidentale? E che non sono stati i documenti segreti a rendere noti, anzi i dati sulle vittime civili pubblicati ieri riguardano solo alcuni casi che forse sono stati registrati perché oggetto di indagini, seppur sommarie e inconcludenti, da parte degli eserciti di occupazione. Inutile nascondere fatti noti e meno noti e accusare WikiLeaks di aver fatto uno scoop che mette a repentaglio la vita degli americani, come ha fatto la Casa bianca, non sono forse già in continuo aumento le vittime in Afghanistan? La guerra vista da chi la fa – «incidenti», fuoco amico, guerra sporca degli squadroni della morte, caccia ai taleban uccisi o catturati senza processo – è solo una conferma della raccapricciante realtà quotidiana della guerra. Cui vanno aggiunti i massacri compiuti dai «droni», gli aerei senza pilota teleguidati da una base in Nevada contro presunti taleban, i quali sono entrati in possesso di missili terra-aria e godono dell”aiuto incondizionato dei Servizi di intelligence (Isi) pachistani. Le rivelazioni – a far impressione è soprattutto la mole di documenti -, che non hanno sorpreso il presidente afghano Karzai, fanno più effetto in occidente dove prevale l”ipocrita ignoranza che induce anche in Italia a rifinanziare la missione (ovvero la guerra) in Afghanistan senza nemmeno un dibattito approfondito. Le verità emerse ieri sulla guerra sono in gran parte solo conferme ma nessuno ora potrà più contestarle, anzi potrebbero essere un valido supporto per chi sostiene la necessità di un ritiro immediato dall”Afghanistan. E persino i fautori della guerra e del ritiro solo nel 2014 potrebbero accelerare i tempi senza aspettare la débâcle finale. Dopo i tentativi di arruolare la stampa con l”istituzionalizzazione dei reporter embedded (i giornalisti a seguito delle truppe impegnate al fronte) quello di WikiLeaks rappresenta un riscatto dell”informazione che potrebbe con il suo contributo determinante segnare l”inizio della fine della guerra in Afghanistan. Come fu per il Vietnam, anche se la situazione afghana è forse più simile a quella somala, con l”ingloriosa conclusione dell”operazione «Restore hope» (ridare speranza) che lasciò i somali senza più speranze. Proprio l”esperienza somala deve indurre i sostenitori del ritiro immediato dall”Afghanistan a non abbandonare le afghane e gli afghani a se stessi, individuando la strada per una solidarietà concreta e senza carri armati.’

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