"Jirga di pace" in tempo di guerra

La discutibile iniziativa di karzai

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26 Maggio 2010 - 11.52


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«Jirga di pace» in tempo di guerra: meno donne e più taleban «moderati»La conferenza organizzata da Karzai spostata al 2 giugno per consentire ai mujahidin riuniti alle Maldive di esserciLa «Jirga di pace» organizzata dal presidente afghano Hamid Karzai (nella foto) è stata spostata dal 29 maggio al 2 giugno per permettere a tutti i delegati di arrivare, evidentemente anche agli esponenti più trucidi dei gruppi dei mujahidin che si sono riuniti nei giorni scorsi alle Maldive, pare su iniziativa del famigerato Gulbuddin Hekmatyar.Molte proteste si sono levate da parte delle donne la cui rappresentanza all”interno della Jirga sarebbe poco più che una testimonianza, 117 su 1.200 delegati. Non è un caso che la presenza delle donne sia superflua nel momento in cui Karzai con questa conferenza mira a recuperare i taleban cosiddetti «moderati», anche se i più «moderati» sono già entrati a far parte delle istituzioni anni fa. È il termine stesso di moderato che risulta ridicolo se accoppiato a taleban. Ma forse è un termine che ha perso di significato anche per Karzai dopo il varo del codice della famiglia per le donne sciite che legalizza lo stupro in famiglia, autorizza il marito a togliere gli alimenti alla moglie se non ubbidisce e le impedisce di uscire sola. Di quale moderazione stiamo parlando se in Afghanistan si è tornati ad impedire alle bambine di andare a scuola e se ci vanno vengono avvelenate?Non è l”unica contraddizione del sistema afghano. Innanzitutto occorre chiedersi come si può svolgere una «conferenza di pace» mentre continua la guerra, combattuta sia dai taleban che dagli eserciti Nato. La fine della guerra è una precondizione indispensabile per poter parlare di pace e riconciliazione. Ma non è l”unica. Per costruire la pace occorrono forze che vogliono la pace, che riconoscono i diritti umani e civili, le leggi di un paese, che sottoscrivono almeno la costituzione afghana, anche se questa non è certo una garanzia al fatto che il paese precipiti nuovamente nell”oscurantismo stile taleban. Soprattutto occorre che tutte le milizie dei vari signori della guerra depongano le armi, altrimenti di che pacificazione si può parlare? È possibile riconciliarsi con gli istigatori dei soprusi contro la popolazione e soprattutto contro le donne se non si afferma un principio di giustizia che li condanni per le loro violenze in modo che non continuino a fare quello che hanno sempre fatto? Se non si afferma la giustizia, anche come risarcimento morale delle vittime, continuerà la vendetta, la violenza. Che purtroppo non è prerogativa solo dei taleban, ma di tutti i signori della guerra e della droga che spadroneggiano in Afghanistan a fianco di Karzai, a cominciare dal di lui fratello padrone di Kandahar. La presenza delle donne è fondamentale in una «conferenza per la pace e la riconciliazione», ma tale conferenza non sarà la jirga convocata da Karzai per sdoganare coloro che continuano a negare i diritti delle donne. La pace si deve costruire, ma prima occorre far tacere le armi, affermare i principi di giustizia e di eguaglianza sulla base dei quali una pace potrà essere duratura. Le donne sono garanti di questi valori perché finora l”ingiustizia si è consumata soprattutto sulla loro pelle, sul loro corpo.’

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