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- Molti pensavano che il 7 marzo, giorno delle elezioni in Iraq, avrebbesegnato l”inizio della fine del ritiro degli americani dallaMesopotamia. Così non è stato e il presidente statunitense Barack Obamaieri ha confermato il piano del ritiro. «Solo una catastrofe potrebbefar cambiare i piani», ha aggiunto ieri il generale Ray Odierno,comandante delle forze Usa in Iraq.
Soloalla fine del mese si sapranno i risultati definitivi delle elezioniche si sono tenute domenica in Iraq. Allora sapremo chi saranno i nuovi325 deputati del parlamento, se le donne avranno superato la quota del25% loro riservata. La campagna elettorale ha infatti visto una fortepartecipazione delle donne.
Il primo dato disponibile èsignificativo: l”affluenza alle urne è stata del 62,5%: hanno votato11,7 su 18 milioni di aventi diritto al voto. La partecipazione piùalta spetta al Kurdistan con l”80%, seguito dalle zone sunnite con intesta la provincia di Salahidin, che diede i natali a Saddam Hussein,con il 70%, e poi Ninive e Anbar. Tra i sunniti, che solo cinque annifa avevano boicottato le urne, ha prevalso la voglia di contarenonostante le minacce di al Qaeda che voleva imporre un coprifuoco eaveva colpito con attacchi terroristici Baghdad e Falluja, provocando38 morti e decine di feriti.
I sunniti non hanno ceduto allatentazione del boicottaggio nemmeno di fronte alla decisione dellaCommissione per la debathizzazione (guidata da Chalabi, ex uomo dellaCia poi caduto in disgrazia e candidato della lista sciita radicaleAlleanza nazionale irachena) di espellere dalle liste elettorali 500sunniti (poi ridotti a 145) accusati di aver collaborato con il regimedi Saddam. Una lotta politica fatta con colpi bassi, anche perché unodei «sospesi», Salah al Mutlaq, è da tempo il leader riconosciutodell”Accordo per il dialogo (partito sunnita laico).
Questa voltai sunniti hanno capito che l”uso delle armi avrebbero fatto solo ilgioco degli stranieri – in primo luogo gli americani, ma anche i paesivicini che temono un Iraq stabilizzato – e hanno preferito le urne.Votando a favore di Iraqiya e della lista Unità irachena formata dalministro degli interni Jawad al Bolani insieme a Ahmed Abu Risha,leader dei Consigli del risveglio che hanno combattuto al Qaeda nellaprovincia di Anbar e a Baghdad.
La Commissione elettorale invita ipartiti a non dare risultati prima del tempo, ma alcune coalizioniannunciano risultati a loro favorevoli mentre altri stanno monitorandoil conteggio temendo brogli. A cantar vittoria è soprattutto il partitodi governo, la Coalizione per lo stato di diritto del premier Nuri alMaliki, che sostiene di essere in testa su nove delle 18 provinceirachene, quelle sciite.
La lista laica e nazionalista Iraqiya,guidata anch”essa da uno sciita, il primo premier del dopo-Saddam IyadAllawi, insieme all”ex vicepresidente sunnita al Hashemi, si sarebbeinvece affermata nelle province sunnite. Mentre in Kurdistan non ci siattendono grandi sorprese, se non su quanto il partito del Cambiamentosarà riuscito ad erodere ai due partiti storici, il Partito democraticodi Barzani e l”Unione patriottica di Talabani.
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