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La prigione femminile più grande del mondo

La protesta delle donne saudite contro la segregazione

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6 Marzo 2010 - 11.52


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La protesta delle donne corre sul Web e le informazioni dal mondo esterno arrivano via satellite. E” quantosuccede in Arabia saudita dove è vietato manifestare e la repressione neiconfronti del sesso femminile non ha paragoni, eccetto fatto per i taleban chealla visione wahabita dell”islam – religione di stato in Arabia saudita – si ispirano.Reem Asaad, docente di finanze alcollegio femminile Dar al Hikma di Jeddah, a lanciare l”ultima “campagna per i diritti delle donne attraverso un blog (www.saudiwoman.wordpress.com)e Facebook.”Se siete veramenteinteressate ai diritti delle donne e siete in Arabia saudita, a partire dal 13febbraio e per due settimane boicottate tutti i negozi di lingerie gestiti da uomini. Diffondete la voce. Aiuterete ledonne ad ottenere un posto di lavoro. Romperete una delle maggioricontraddizioni relative ai rapporti uomo-donna. E soprattutto, aiuterete ledonne saudite e le aiuterete ad avere voce e ad avere impatto”, ha scritto ReemAsaad.Questa lotta è giunta allasua seconda fase, dopo la denuncia è arrivato il boicottaggio. Può apparirepersino ingenua e “conservatrice” l”idea di volere solo donne nei negozi di lingerie, ma non è così, mette in evidenza tutta l”ipocrisiadi un regime che teorizza il totale apartheid delle donne e invece se voglionocomprare un reggiseno o uno slip devono rivolgersi a un maschio. Per lo più sitratta di migranti che quando entri in un negozio, denunciano le donne, spessoti chiudono dietro la porta a chiave per poterti molestare, toccandoti per”prendere le misure” facendo commenti su cosa ti starebbe meglio, modello ecolore. E poi “sono proibiti i camerini per le prove, quindi racconta Nura, unastudentessa, per provarti un reggiseno devi andare in un bagno pubblico e senon ti va bene dovresti tornare indietro a cambiarlo, ma questo è umiliante!”Perché non si permette alle donne di gestire un negozio di lingerie? “E” molto semplice, qualcuno si fa scudo della muttawa (i divieti imposti dalla legge coranica), ma il fattoè che ritengono l”oppressione della donna più importante del preservare la suaintimità”. Queste le motivazioni addotteper contrastare la richiesta delle donne: i grandi magazzini sono strumenti deldiavolo ed è meglio impedire alle donne di andare sole a comprare, figuriamocia vendere! Avere negozi gestiti da donne comporterebbe troppicosti:occorrerebbe oscurare le finestre e mettere guardie alle porte…Impiegare delle donne è più costoso: le saudite sono più pagate degli migrati elavorano meno.La questione non è nuova ed èstata oggetto di lunghi dibattiti, finora senza esiti. Le donne che lavorano inArabia saudita sono solo il 5 per cento, la percentuale più bassa al mondo e,peraltro, in netto contrasto con il fatto che il 70 per cento degli studentidelle scuole superiori sono femmine. In Arabia saudita le donne possonoaccedere solo ad alcuni tipi di lavoro. Tanto che il problema era stato oggettodi una conferenza tenutasi a Medina nel 2004. Le raccomandazioni emerse erano staterecepite dal governo che aveva deciso, tra l”altro, che solo donne sauditeavrebbero potuto lavorare in negozi che vendono prodotti per sole donne. Nulladi eccezionale ma la risoluzione è poi stata revocata. Il ministro del lavoro,Ghazi al Qusaibi, aveva dovuto piegarsi al volere dei capi religiosidichiarando che “il ministero non stava promuovendo l”occupazione delle donne(…) siccome il posto migliore per la donna è nella propria casa”.In Arabia saudita, unico casoal mondo, le donne non possono guidare, devono essere accompagnate da unmaschio parente o da un autista di famiglia.Anche l”ultima protestacontro il divieto di guidare è passata sul Web. L”8 marzo dello scorso anno èstato postato su Youtube un video di una donna mentre guida la sua macchina. Aguidare l”auto è Wajeha Hudwaider, nota giornalista impegnata a sostegno deidiritti delle donne, che al volante spiega l”assurdità del divieto e ne chiedel”abolizione. L”ultima manifestazionepubblica per chiedere il diritto di guidare si era svolta nel 1990 quandodecine di donne erano state arrestate mentre guidavano per le vie di Riyadh. Larivolta aveva preso spunto o spinta dalla presenza delle truppe americane chesi preparavano alla prima guerra del Golfo contro l”Iraq, tra di loro c”eranoanche soldatesse che guidavano i loro mezzi. Perché le saudite no?Le donne che si espongono congli unici mezzi a loro disposizione dimostrano comunque un grande coraggio.Hudwaider e altre donne lo scorso anno hanno lanciato una campagna contro la Mahran law(legge saudita che impedisce alle donne di lasciare la loro casa senza unguardiano maschio) con lo slogan: “trattateci da cittadine adulte altrimentilasceremo il paese” esposto sul King Fahd Bridge, che collega l”Arabia sauditacon il Bahrain. La campagna era supportata daun articolo di Hudwaider pubblicato sul website Minbar al Hiwar wal ”Ibra (www.menber-alhewarI.info) chedescriveva l”Arabia saudita come “La più grande prigione al mondo per ledonne”. “Le donne hanno bisognodel permesso del loro guardiano per lasciare la loro casa, la loro città o illoro paese. In ogni caso la libertà delle donne è nelle mani del loroguardiano”. E “le nostre madri enonne godevano di tutti questi diritti, e godevano di molte più libertà; – come succedeva alle donne musulmanein passato, e alle donne del profeta. Nessuna di queste donne era soggetta aquesta oppressiva legge Mahram , che non si basa sui precetti dell”islam e non hanulla a che vedere con l”islam”, sosteneva Hudwaider.Ad impedire la libertà delledonne dunque non è la religione ma i religiosi che in Arabia saudita con ilwahabismo hanno imposto l”interpretazione più oscurantista del corano. Qualche trasgressione ètuttavia avvenuta negli ultimi anni. E” il mondo del business ad aprire qualchespiraglio alle donne. Il gruppo finanziario Al Dukhleil è guidato da una donna,Khlood al Dukheil, arrivata alvertice del gruppo creato dal padre dopo aver studiato negli Usa. Una feliceeccezione, grazie al volere del padre, che si scontra però con la realtà dellasua stessa azienda: su 300 impegati solo 3 sono donne. Eccezioni vengono fatte perle donne della famiglia reale. Alcune delle quali non insensibili allaquestione delle donne, come Sarah, figlia di Talal bin Abdul Aziz, che ha giàlanciato appelli a favore dei diritti delle donne, in occasione dell”8marzo.Finora senza successo.’

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