Il velo dell''ipocrisia in difesa dell''identità'

dibattito sul burqa in Francia

Il velo dell''ipocrisia in difesa dell''identità'
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28 Gennaio 2010 - 11.52


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Sembra un dibattito surreale dopo che qualcuno aveva giustificato unaguerra per eliminare il burqa. Era solo un subdolo pretesto, con esitogrottesco, giocato sulla pelle delle donne, visto che il burqa non siporta più solo in Afghanistan ma anche in Europa. Dalla Francia ladiscussione sul divieto – per legge – dell”uso del burqa e del niqab(veli integrali con la sola differenza che il primo ha una reteall”altezza degli occhi e il secondo lascia una fessura) rimbalza inItalia. La Francia non è nuova a simili divieti, con una legge del 2005sono già stati aboliti i simboli religiosi nelle scuole e nei luoghipubblici. Eppure il dibattito sul burqa è forse più teso di allora. Daparte dei fautori del relativismo culturale si invoca la «libertà diespressione» mentre il presidente Sarkozy si oppone al burqa perché«offende i valori della Repubblica». Il burqa innanzitutto offende ladignità della donna, poi anche i valori della repubblica se intesi comei valori universali nati dalla rivoluzione francese.
Chidifende il burqa o il velo in nome dell”identità, della tradizione odella religione lo fa per ipocrisia o per ignoranza. Sappiamo che letradizioni si superano (non avevamo forse anche in Italia il fazzolettoin testa, il tabù della verginità e le attenuanti per il delittod”onore?), che il corano non prescrive l”uso del velo e tanto meno delburqa, vietato anche dal gran muftì di al Azhar, la massima autoritàsunnita, e infine che l”unica identità riconoscibile dietro un similesimulacro è quella wahabita, la versione più integralista dell”islamche è religione di stato in Arabia saudita. Che si diffonde in tutto ilmondo a suon di petrodollari.
Il problema è dunque se vogliamoaiutare donne, come noi, ad affermare i loro diritti o sostenere unsistema patriarcal-tribal-religioso sessista che usa il velo comecontrollo della sessualità della donna. Con il velo la donna devegarantire l”onore del maschio nascondendo le parti del suo corpo chepotrebbero indurlo in tentazione. E se cade in tentazione è sempre ladonna a pagare con il delitto d”«onore».
Anche l”Italia, che nonha mai avuto una politica sulla migrazione (affrontata solo in terminiumanitari o di sicurezza), si trova ad affrontare la questione delburqa. Dal punto di vista della sicurezza (riconoscibilità dellapersona) c”è già una legge del 1975 che vieta di andare con il visocoperto, anche se l”applicazione viene lasciata alla discrezionalitàdei funzionari. Ma qui non si tratta tanto di sicurezza quanto deidiritti delle donne, gli stessi che noi abbiamo faticosamenteconquistato e che ogni giorno vengono messi in discussione. Nonpossiamo permettere a donne di essere private della possibilità dicomunicare con il mondo in cui vivono perché isolate da un velo.
Losi può fare con una legge? In Italia probabilmente no, perché non siamoun paese laico, ma terra disseminata di simboli e superstizionireligiose: invece di aiutare queste donne finiremmo per renderledoppiamente vittime. Occorre prima garantire loro gli stessi nostridiritti per pretendere il rispetto delle nostre leggi. Solo giustizia euguaglianza possono eliminare la violazione dei diritti el”intolleranza.

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