Domenica ero sul tetto dell”hotel Palestine con una troupe greca che sta girando un documentario sui giornalisti in Iraq, quando all”improvviso due boati mi hanno riportata indietro di qualche anno. Erano le 10 e 30, i due scoppi si sono verificati in rapida successione. Dopo il primo boato una nuvola enorme di fumo si è levata dietro l”hotel al Mansour dall”altra parte del Tigri. Con il secondo scoppio si è visto un oggetto in fiamme che volava, forse un pezzo dell”autobomba. Poi, le innumerevoli sirene della polizia e delle autoambulanze hanno fatto fin da subito temere un bilancio grave dell”attentato. Erano due anni che a Baghdad non si verificava un attacco di questa portata: 162 i morti e oltre 500 i feriti. Obiettivi dei due attacchi erano il ministero della giustizia e il governatorato di Baghdad, che ha occupato l”edificio dove si trovava una volta il ministero dell”informazione, poco lontano dalla zona verde. Ma spesso anche la zona verde è sotto attacco sebbene raramente si diano notizie di attentati, per non «turbare» la credibilità del governo in tema di sicurezza. Sono stata colta più da incredulità che spavento: era come se l”orologio si fosse messo a correre all”indietro, riportandomi ai tempi in cui la mattina si usciva sul balcone in attesa del primo scoppio, per vedere da dove arrivava il fumo e cercare così di individuare la zona dell”ultimo disastro. L”immediato volteggiare di elicotteri Black Hawk sopra le zone dello scoppio testimoniano la presenza degli americani, meno evidenti sul terreno ma sempre visibili mentre solcano rumoreggianti il cielo, giorno e notte. Le macchine con l”esplosivo non hanno avuto bisogno di avvicinarsi troppo all”obiettivo, nello scoppio hanno coinvolto le numerose macchine bloccate nel traffico e l”effetto si è moltiplicato. La zona è stata immediatamente isolata e molte strade chiuse e lo erano ancora ieri. Posti di blocco ovunque rallentano ulteriormente il traffico. Domenica era prevista la riunione dei leader dei vari partiti per discutere della legge elettorale bloccata in parlamento. Uno dei punti cruciali sono le liste bloccate o meno. Non dare la possibilità di preferenza in un paese alle prime prove con le scelte elettorali rischia di scoraggiare sul nascere una democrazia rappresentativa. Se le bombe fossero legate alla riunione dei politici o una pura coincidenza non è dato sapere, comunque non c”è dubbio che la nuova escalation di violenza è legata alla scadenza elettorale prevista per gennaio. La responsabilità degli attentati viene da parte dell”opinione pubblica attribuita a una esacerbata lotta per il potere. Il governo tende ad addossare tutti questi attacchi ai «baathisti» mentre altri osservatori non hanno dubbi che si tratti di al Qaeda. Anche tra le forze dell”ordine abbiamo trovato chi punta su al Qaeda, che però in questo caso potrebbe persino agire per conto d”altri. Gli interessi e le infiltrazioni dei paesi confinanti in Iraq non cominciano oggi, ma aumentano con le prospettive offerte dalla ripresa su vasta scala dello sfruttamento petrolifero. Il popolo iracheno continua ad essere ostaggio di diverse forze, più o meno oscure. Con la scadenza elettorale non è in gioco solo chi guiderà il governo (e al Maliki ha diversi sfidanti). La scadenza dovrebbe infatti comprendere anche il referendum sul Sofa, l”accordo militare stipulato tra Iraq e Stati uniti ai tempi di Bush. Se l”accordo non venisse approvato l”Iraq potrebbe chiedere il ritiro degli americani entro un anno, per questo è stato finora ritardato in modo da vanificarne l”effetto. E poi si voterà anche per la ratifica della costituzione kurda che, se accettata, segnerebbe l”inizio di una quasi indipendenza del Kurdistan. Possibilità non gradita non solo agli arabi iracheni ma anche ai paesi vicini con presenza kurda. La posta in gioco è alta e non tutti sono disposti a confrontarsi lealmente. La relativa sicurezza pur in assenza di stabilità che si avvertiva cinque mesi fa ha lasciato il posto a una forte tensione che si respira nell”aria, anche se la popolazione cerca di non farsi impressionare e di non arretrare rispetto alle libertà recentemente conquistate. I ristoranti, i parchi giochi, le strade continuano ad essere piene di gente, il ricatto del terrorismo si sconfigge anche in questo modo.’
Reportage dalla guerra "finita"
Bombe a Baghdad
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27 Ottobre 2009 - 11.52
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