Paesi baschi anno zero

intervista a Arnaldo Otegi in vista elezioni

Paesi baschi anno zero
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1 Febbraio 2009 - 11.52


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Arnaldo Otegi, leader degli indipendentisti baschi, ha rischiato di finire nuovamente in carcere a pochi mesi dalla sua liberazione. Nel processo, che si era aperto l”8 gennaio, sul banco degli imputati erano finiti anche il lehendakari, presidente del governo basco, Juan José Ibarretxe, poi Patxi Lopez e Rodolfo Ares, esponenti del Partito socialista basco e appunto Arnaldo Otegi, essendo gli altri dirigenti dell”illegalizzata Batasuna ancora in carcere. L”accusa contro gli imputati era quella di aver dialogato con Batasuna (il partito messo fuori legge) per tentare di trovare una soluzione negoziata alla questione basca. Un processo che non avrebbe mai dovuto iniziare, secondo molti giornalisti e politici, e che il Tribunale ha subito archiviato, altrimenti, con la stessa accusa, avrebbero potuto finire sul banco degli imputati anche Felipe Gonzalez, José Maria Aznar e José Luis Zapatero. Questo capitolo giudiziario si è chiuso proprio in coincidenza con l”inizio della campagna per le elezioni che si terranno il 1 marzo. Una condanna per i leader politici che si erano impegnati nella ricerca del dialogo, non avrebbe favorito nemmeno le organizzazioni che vi si oppongono e che avevano presentato querela (il Foro de Ermua e Dignidad y Justicia). La scadenza elettorale (si vota in Euskadi e Galizia) sta rimettendo in moto tutte le forze politiche basche. Arnaldo Otegi, sicuramente il più popolare fra gli esponenti della sinistra abertzale (basca), dall”agosto scorso quando era uscito dal carcere, dove aveva scontato una pena di 15 mesi quale portavoce di Batasuna, aveva mantenuto un profilo basso, due sole interviste prima del nostro incontro. Forse perché i suoi compagni, che con lui dirigevano Batasuna, sono ancora in carcere (in tutto i prigionieri politici baschi sono 763), sembrava che non volesse più impegnarsi in politica. Invece poi il vuoto di rappresentanza politica della sinistra indipendentista deve averlo convinto. C”è chi dice (Luis Aizpeolea su el Pais) che a convincerlo abbia contribuito l”ex segretario generale del sindacato basco Lab, Diez Usabiaga, che ha mantenuto stretti contatti durante la sua detenzione, e l”ex dirigente dell”Eta Eugenio Etxebeste, detto Antxon, che aveva contribuito alla realizzazione del primo dialogo tra Eta e governo spagnolo, vent”anni fa, ad Algeri dove era esiliato. Comunque sia non c”è dubbio che la sinistra abertzale non può rimanere fuori dal panorama politico in questo momento a rischio di scomparsa. Nel frattempo è stata presentata una lista denominata Democracia 3M (dove 3M sta per 3 milioni, la popolazione basca) che dovrebbe rappresentare la sinistra basca alle elezioni, ma che rischia di essere messa fuori legge per il legame avuto da alcuni candidati con l”ormai illegale Batasuna. Alcuni organi di stampa e partiti hanno già avviato una campagna contro D3m, e mentre è in corso la raccolta di firme per potersi presentare al voto della Comunità autonoma basca, alcuni esponenti sono stati arrestati (con una sorta di detenzione preventiva). La messa fuori legge della nuova lista elettorale potrebbe favorire i settori astensionisti dell”Eta, che così vedrebbero giustificata la loro posizione. Arnaldo Otegi non godrebbe di molta simpatia nella nuova direzione dell”Eta, quella del dopo-tregua, anche se non c”è nessuna critica aperta da parte sua. Del resto non è facile fare distinguo rispetto all”ala militare dell”indipendentismo basco, e lo sanno bene i detenuti politici che vivono il maggiore disagio non solo per le condizioni di prigionia, dispersi come sono lontano dai loro familiari, ma anche perché non vedono prospettive per il futuro dell”organizzazione per la lotta armata. La sensazione è che l”Eta sia giunta al livello più basso di consenso tra i baschi. Non a caso Arnaldo Otegi punta tutto sulla politica, «il terreno su cui siamo più forti in questo momento». Ma il governo vuole impedire la partecipazione della sinistra abertzale al voto. Tuttavia non è solo il Psoe a osteggiare il voto indipendentista ma anche il Partito nazionalista basco che teme uno spostamento del voto verso sinistra. Di questi temi abbiamo discusso con Arnaldo Otegi, insieme a Carmen Lira, direttrice della Jornada messicana e Iñaki Iriondo, redattore del giornale Gara che aveva organizzato l”incontro al teatro Kursal di San Sebastian con la presenza di oltre 600 persone. Gara è il quotidiano che copre attualmente lo spazio occupato fino al 1998 da Egin, il giornale chiuso allora per ordine del giudice Baltazar Garzon. Sul palco dietro di noi un grande cartellone con una sola scritta: Libre, libero. Tutta la coreografia dell”incontro – questa la sensazione – segnalava un cambiamento rispetto al passato nel movimento abertzale: meno slogan e più riflessione a tutto campo. Un cambiamento che Otegi spiega così: «Personalmente credo che una tappa nel processo di liberazione nazionale si sia conclusa. O siamo capaci di fare una offerta politica sostenuta da basi solide che permettano di incorporare le nuove generazioni, oppure ci troveremo di fronte a gravi difficoltà. Da una analisi sociologica queste difficoltà stanno già emergendo anche se penso che in questo paese una maggioranza schiacciante difenda il diritto di autodeterminazione». Un diritto che secondo Otegi si deve realizzare attraverso «un processo di negoziazione che prima o tardi ci sarà perché lo vuole la maggioranza popolare». Ma perché finora tutti i tentativi di negoziato sono falliti? «Io non mi azzarderei a dire che sono falliti perché in tutti abbiamo avuto un avanzamento. Ora siamo in una situazione difficile perché c”è uno stato con scarsa cultura democratica che è incapace di capire che la soluzione passa attraverso un”aritmetica democratica». Cosa deve fare la sinistra basca per tornare al negoziato? «Il negoziato non è un obiettivo ma un mezzo», ci risponde Otegi. «La sinistra abertzale deve tornare a interiorizzare la volontà di vincere. Non è nata per resistere e logorarsi ma per portare questo paese alla costruzione di uno stato da sinistra. Sono convinto che la sinistra abertzale abbia un progetto, onestà rivoluzionaria e una alternativa sociale. Dunque: ambizione di vincere, accumulazione delle forze e fiducia nelle proprie possibilità. Penso che nel mondo ci siano segnali anche positivi, chi avrebbe pensato 30 anni fa che Evo Morales avrebbe potuto nazionalizzare gli idrocarburi senza provocare un colpo di stato o il suo assassinio. La sinistra abertzale deve capire tutto questo e individuare una strategia vincente anche sul terreno sociale». Otegi sostiene che la rottura dell”ultimo negoziato non è stata causata dall”interruzione della tregua dell”Eta (attentato all”aeroporto di Madrid) ma dal rifiuto da parte del governo Zapatero di accettare una proposta di mediazione avanzata da osservatori internazionali che invece la sinistra abertzale aveva accettato con una sola variazione semantica. Tutta colpa di Zapatero dunque? «All”inizio la posizione di Zapatero era stata molto coraggiosa, aveva persino parlato di Euskadi come di una nazione, era la prima volta che succedeva. Poi credo abbia ceduto alle pressioni del partito e dei mezzi di informazione, gli editoriali del Paìs erano tutti contro il negoziato. E poi, non è vero che non esiste in Euskadi un Jerry Adams, è in Spagna che non c”è un Tony Blair». L”ultimo negoziato si era infatti svolto dopo la firma di tutte le forze indipendentiste basche (partiti, sindacati e associazioni) del patto di Lizarra (1998) che sosteneva un processo negoziale sul modello di quello irlandese. Una mediazione internazionale potrebbe favorire oggi una ripresa del negoziato? E poi: considerato che siamo in Europa e sono cadute le frontiere, ha ancora un senso battersi per costruire un altro stato? Secondo Otegi, sì: «Nell”ultimo negoziato erano presenti diversi stati europei e penso che questi non abbiano perso l”interesse a favorire la soluzione di un conflitto in termini democratici. La soluzione si costruisce nel contesto europeo, questo contesto ci dice che è possibile costruire uno stato in Europa con una maggioranza democratica sufficiente, abbiamo l”esempio della Scozia, della Groenlandia. La sinistra indipendentista deve fare uno sforzo per situare il problema nel contesto europeo». Non hai citato il Kosovo, obietto. «In Kosovo oltre alla volontà popolare sono intervenuti gli interessi degli Stati uniti». I quali però potrebbero cambiare, dopo l”elezione di Barack Obama? «L”elezione di Obama rappresenta una novità storica. Vent”anni fa nessuno avrebbe pensato che un afroamericano avrebbe potuto arrivare alla Casa bianca», riconosce il leader basco: «Probabilmente ci saranno novità apparenti o sostanziali che potranno favorire settori progressisti del pianeta, anche se strutturalmente non ci saranno grandi cambiamenti». Per ora comunque la situazione in Euskadi resta bloccata. «Noi siamo stati in grado di logorare gli strumenti che lo stato ha creato da 30 anni a questa parte per assimilarci o per annichilirci. Per sbloccare la situazione dobbiamo individuare una nuova strategia. Ora è lo stato che adotta la strategia “resistere è vincere”. Che fare per sbloccare la situazione? La sinistra abertzale dev”essere capace di capire la situazione e disegnare una strategia che le permetta di recuperare l”iniziativa politica e rendere impossibile il blocco. Occorre mantenere il confronto con lo stato sul terreno in cui noi siamo più forti, quello degli argomenti politici, lo abbiamo dimostrato nei negoziati: gli osservatori internazionali hanno ritenuto le nostre argomentazioni ragionevoli». Le elezioni del 1 marzo saranno il primo banco di prova: ma come parteciperà la sinistra basca, senza un partito legale e con il rischio che venga esclusa anche la sua nuova lista? «Perché prima volevano che partecipassimo alle elezioni e ora non vogliono? Perché abbiamo saputo stare nelle istituzioni senza istituzionalizzarci, perché siamo una alternativa scomoda», attacca Otegi: «La sinistra abertzale ha molti militanti ma nessuno milita per fare carriera politica. Abbiamo governato città e paesi senza mai mettere mano alla cassa, con onestà rivoluzionaria, cosa che non possono dire gli altri. Lo abbiamo fatto pagando un prezzo umano e politico. E nonostante le difficoltà non c”è stato uno smembramento della sinistra indipendentista e sono sicuro che nelle prossime elezioni sarà presente un messaggio indipendentista, che segnerà un passo in avanti. La sinistra abertzale rappresenta il futuro di questo paese». Secondo alcune indiscrezioni, la via d”uscita per la partecipazione alle elezioni della sinistra abertzale, nel caso D3m fosse messa fuori legge, potrebbe essere offerta da Eusko Alkartasuna (Ea), formazione nata da una scissione del Partito nazionalista basco. Del resto Unai Ziarreta, presidente di Ea, ha fatto della creazione di un polo indipendentista che porti la pace e la normalizzazione in Euskadi, il centro della sua pre-campagna elettorale. Il pubblico che partecipa al dibattito sembra in sintonia con Otegi e all”uscita molti passanti gli si avvicinano per discutere: la sua popolarità, che secondo alcuni osservatori era stata logorata dalla prigionia e dal silenzio, non sembra scalfita. ‘

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