Resa dei conti tra sciiti e sunniti | Giuliana Sgrena
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Resa dei conti tra sciiti e sunniti

Il governo iracheno fa arrestare combattenti del Consiglio del risveglio

Resa dei conti tra sciiti e sunniti
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23 Agosto 2008 - 11.52


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Le alleanze si capovolgono in Iraq, proprio mentre si comincia a parlare di ipotesi di ritiro persino da parte di Consoleezza Rice. E”sicuramente un gioco, che rientra nella campagna elettorale americana e irachena, ma la ripresa di uno scontro tra sciiti e sunniti potrebbe far precipitare la situazione. Che resta fragile, lo sostiene lo stesso generale Petraeus che vanta il merito di aver migliorato la sicurezza in Iraq. Fragile più di quanto lo stesso generale voglia o possa ammettere. Il piano architettato dagli Usa per riportare la sicurezza potrebbe crollare se sfuggissero di mano i sunniti, artefici della «pacificazione» di Baghdad, o i loro rivali, e alleati Usa, gli sciiti al governo.In effetti negli ultimi mesi la presenza di al Qaeda è stata notevolmente ridotta nel centro del paese, ma il merito non è certo degli americani, ma dei sunniti, i gruppi che avevano costituito l”ossatura della resistenza. Una resistenza che con le sue alleanze tattiche con gruppi di al Qaeda era finita per inquinare la propria immagine anche tra i sostenitori iracheni. Al Qaeda più che a combattere l”occupazione è impegnata nella sua «guerra santa» contro gli infedeli, sia iracheni (sciiti) che non. Gli americani hanno approfittato della decisione dei gruppi armati sunniti di prendere le distanze da al Qaeda per eliminare il fattore di maggiore insicurezza nel paese. Non si trattava di una pura coincidenza, ma di un accordo, basato sul pragmatismo di entrambe le parti. Gli americani avrebbero raggiunto un obiettivo altrimenti irrealizzabile – solo i sunniti e soprattutto gli ex baathisti conoscono così bene il terreno da essere in grado di ripulirlo – mentre i gruppi armati avevano bisogno di nuove armi e soldi e soprattutto di avere garanzie rispetto al futuro: entrare a far parte del nuovo esercito, una condizione indispensabile per contare nel paese. Anche in futuro.Alla fine del 2006, era così nato il Consiglio del risveglio, per iniziativa di leader tribali della provincia di Anbar (dove si trovano Ramadi e Falluja) ma anche di militari sunniti, che si erano accordati con Petraeus per ottenere armi e uno stipendio mensile: 300 dollari per i «soldati» semplici e 1.200 per gli ufficiali. E naturalmente la promessa di entrare nell”esercito e nella polizia, da dove erano stati epurati con la messa fuori legge del partito Baath e lo scioglimento dell”esercito di Saddam, subito dopo l”invasione. Ora il grosso del lavoro che toccava ai Consigli del risveglio (l”unico successo che possa vantare Bush) è fatto ma la promessa di entrare nell”esercito tarda a realizzarsi. Solo 5,200, secondo il generale David Perkins, sarebbero finora stati reclutati, mentre il piano concordato riguardava 58.000 dei circa 100.000 combattenti sunniti pagati dagli americani, ma il governo sciita di Nouri al Maliki si oppone. Anzi, il governo, avrebbe compilato una lista di 650 membri dei Consigli del risveglio da arrestare, tra questi i leader più riconosciuti della resistenza. Gli arresti sarebbero già cominciati, tanto che molti combattenti sono fuggiti nei loro villaggi di origine.Abu Marouf, uno dei più riconosciuti leader della Brigata della rivoluzione 1920, è scappato a sud di Falluja. «Alcuni esponenti del governo ci avevano incoraggiati a combattere al Qaeda, ora sembra che al Qaeda sia finita e non ne vogliono più sapere di noi, come potete dire che non sono stato tradito? E con me tutti i miei uomini che si sono sacrificati e hanno combattuto contro al Qaeda e ora il governo vuole catturarli e arrestarli.», sostiene Abu Marouf, secondo quanto riportato ieri dal New York times. Il governo sciita non aveva mai condiviso il piano americano di riarmare e finanziare i gruppi sunniti e ora vuole vendicarsi, ma il gioco è pericoloso. Alcuni arresti sono già avvenuti nella provincia di Diyala a nord-est di Baghdad. Almeno sei leader del Consiglio del risveglio sono stati arrestati, ma gli ufficiali americani e iracheni sostengono che l”ordine di arresto riguarda centinaia di combattenti.Cosa faranno ora gli americani? Salveranno gli interessi garantiti dal governo di Nuri al Maliki (inannzitutto petrolio) oppure cercheranno una mediazione? Difficile dirlo. Gli americani, soprattutto Bush ha bisogno di poter vantare qualche successo almeno in Iraq, visto il disastro in Afghanistan, per non uscire di scena con troppa infamia. Quindi probabilmente gli americani cercheranno di tenere buoni i sunniti (anche i politici che potrebbero di nuovo abbandonare il governo) ma dovranno farlo cercando di controllare la sete di vendetta degli sciiti non ancora assopita. Tuttavia il piano americano è destinato a interrompersi quando ad assumere il controllo delle zone dove operano i Consigli del risveglio saranno le forze irachene. A quel punto la questione non potrà più essere rinviata. E se nei Consigli del risveglio ci sono componenti che vogliono trasformarsi in movimento politico per partecipare alle prossime elezioni provinciali, altre componenti se non reinserite nell”esercito potrebbero riprendere le armi.L”attacco contro i combattenti dei Consigli del risveglio non cominciano ora, prima, dall”inizio dell”anno, è stata soprattutto al Qaeda a vendicarsi con una serie di attentati kamikaze. In uno di questi, in febbraio, era rimasto ucciso lo sceicco Ibrahim Mutairi, capo del Consiglio di Falluja. Ora invece gli ordini di arrestare i combattenti – si dice ricercati per le attività precedenti alla partecipazione ai Consigli del risveglio -, sostiene il generale Nassir, provengono dal Centro operativo militare di Baghdad. E dove non arrivano i militari arrivano gli squadroni della morte.In questa situazione la possibilità di una riconciliazione in Iraq sembra ancora molto lontana. Paradossalmente chi teme ora il ritiro degli americani sono i leader sunniti dei Consigli del risveglio, come Abu Azzam, che aveva anche incontrato il premier al Maliki per discutere di una possibile riconciliazione tra il governo e l”ex guerriglia. Senza successo. ‘

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