Strage in Kabilyia | Giuliana Sgrena
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Strage in Kabilyia

E'' al Qaeda, ma il governo minimizza'

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20 Agosto 2008 - 11.52


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Una carneficina: 43 morti (42 civili e un gendarme) e 45 feriti. Questo il bilancio ufficiale, diffuso dal ministero degli interni algerino, dell”attentato di Issers (Boumerdès), in Kabiliya. Erano circa le sette del mattino quando un kamikaze ha lanciato la sua auto piena di esplosivo contro la sede di un”accademia della Gendarmeria nazionale, secondo quanto ha raccontato un testimone all”agenzia francese Afp. Obiettivo dell”attacco, le giovani reclute in fila per partecipare a un concorso della scuola di polizia. L”esplosione ha causato non solo la distruzione dell”entrata dell”accademia ma anche di molti edifici vicini e ha colpito molti veicoli che stavano circolando nella zona, compreso un bus del trasporto pubblico.L”alto numero delle vittime ne fa uno degli attentati più sanguinosi da quando la politica di riconciliazione nazionale con gli islamisti avrebbe dovuto riportare la pace in Algeria, secondo il suo artefice, il presidente Abdelaziz Bouteflika. Al presidente algerino non è bastato andare a rendere omaggio al mausoleo del leader della rivoluzione islamica iraniana, ayatollah Khomeini, la settimana scorsa in Iran durante la sua visita ufficiale, per sventare la nuova ondata di attentati. Quello di ieri è stato infatti il terzo attentato in dieci giorni, il più sanguinoso. Ieri mattina, i giornali algerini avevano in prima pagina l”imboscata tesa da un gruppo terrorista armato a una pattuglia della polizia e dell”esercito vicino a Oued Zeggar, nella wilaya di Skikda, nell”est dell”Algeria. Il bilancio era stato di 8 poliziotti, 3 militari, una guardia comunale, un civile e 4 terroristi uccisi. Otto civili erano invece rimasti uccisi in un attentato kamikaze compiuto il 10 agosto contro una caserma vicino alla città costiera di Zemmouri (Kabiliya).Arrivando sul luogo dell”attentato, il ministro dell”interno Yazid Zerhouni ieri ha dichiarato che «queste bande di terroristi non hanno nessuna possibilità se non quella di arrendersi e se la prendono con i civili perché sanno di non avere nessun sostegno popolare». Se è vero che non hanno un sostegno popolare lo stanno cercando, colpendo soprattutto obiettivi militari, anche se poi le vittime sono spesso più civili che forze armate. Gli ultimi attacchi, secondo il ministro, «mostrano la crisi in cui si trovano i gruppi armati e confermano che sono in preda a divisioni interne». Un”affermazione contraddetta da questa ripresa massiccia di attentati che, secondo osservatori locali, conferma invece una riorganizzazione dei gruppi armati in Kabilya, mentre la loro retroguardia è nel Sahel. Sebbene gli ultimi attacchi non siano stati per ora rivendicati, vengono attribuiti al Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento (Gspc) che insieme ad altri gruppi salafiti marocchini, tunisini e libici hanno costituito Al Qaeda Maghreb.Il governo algerino continua a minimizzare il pericolo e assiste pressoché impotente al tentativo del terrorismo di imporsi mediaticamente sulla scena algerina come era stato negli anni ”90, anche se con forme diverse. Ammettendo la presenza pericolosa dei gruppi terroristi, il governo e il presidente dovrebbero infatti ammettere il fallimento della politica di riconciliazione che ha cercato di mettere una pietra sopra a un decennio di massacri.Delusa e disillusa la popolazione, soprattutto le famiglie delle vittime del terrorismo e degli scomparsi, che non hanno avuto giustizia e nessun risarcimento morale; gli algerini assistono impotenti agli attentati. Il patrimonio di resistenza al terrorismo è stato distrutto, non solo dalla smobilitazione dei «patrioti» (mantenere cittadini armati sarebbe stato in effetti pericoloso), ma anche dall”assenza di uno stato che promuova la democratizzazione del paese togliendo terreno a chi, «graziato» dalla legge del perdono, torna a imporre la propria lettura oscurantista dell”islam.Il governo intanto, recuperando una vecchia politica, per cercare di controllare gli islamisti li precede nella moralizzazione dei costumi. Le forze dell”ordine danno la caccia alle coppie che si appartano nei luoghi classici degli incontri, per mettere un bikini occorre trovare una spiaggia «protetta», mentre alcune zone sono state «liberate» dall”alcool. A rinunciare a questi piaceri non sono certo le élite sociali e politiche che vivono nei loro ghetti come Club-des-Pins (zona residenziale e protetta sulla costa, vicino ad Algeri), ma quella parte della popolazione laica e democratica che si era battuta contro l”islamismo e il terrorismo. Per loro non c”è nessun tipo di riconoscimento e tanto meno di protezione. La strada appare senza via d”uscita. Le notizie di attentati che arrivano in questi giorni dall”Algeria, dall”Afghanistan, dal Pakistan e dall”Iraq sono sempre più simili, drammaticamente e pericolosamente. ‘

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