Intervista a Michelle Bachelet

Il capo di stato cileno si racconta al «manifesto». La «presidenta» del nuovo Cile. Un incontro con Michelle Bachelet, inquilina della Moneda nel posto che fu di Salvador Allende. Vuole un Cile «moderno ed efficiente» nell''economia ma con una politi

Intervista a Michelle Bachelet
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10 Agosto 2006 - 11.52


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Si vive una grande emozione quando si entra nel palazzo della Moneda, ci si affaccia al balcone da dove Salvador Allende pronunciò il suo ultimo discorso, si vede il luogo dove il presidente del Cile si suicidò e dove ora sorge un memoriale. Il palazzo, bombardato dai golpisti del generale Pinochet l”11 settembre del 1973, è stato in gran parte ricostruito, ma la memoria degli anni più neri del Cile trapelano da ogni parete, così come emergono con forza nelle aiuole e nei monumenti che a Villa Grimaldi hanno sostituito le stanze della tortura e le celle della morte. La torre con le sue celle, dove difficilmente si riusciva a sopravvivere, è stata ricostruita.Tra le vittime dei torturatori di Villa Grimaldi c”era anche Michelle Bachelet, la nuova «presidenta» del Cile, che oggi lavora alla Moneda nel posto che fu di Allende. Una donna dinamica, ottimista, spontanea che sfugge ai procolli rigidi dei suoi autoritari predecessori degli ultimi trent”anni.Il potere non ha cambiato il suo essere donna e per questo è sostenuta dalle donne cilene: forse più per quello che è che per quello che riesce a fare, mentre viene osservata con sospetto dai maschi autoritari. «In Cile sono ancora molto amate le persone autoritarie, ma io non lo sono e non lo diventerò. Questo non vuol dire che non sappia prendere decisioni».Un atteggiamento che forse può essere riassunto in una sua affermazione recente: «Una donna fa politica con il cuore». Cosa intendeva dire?Tre cose. Non abbandonare la passione che mi ha portato a fare politica, quando non ero ancora maggiorenne; amare la gente; e mettere il cittadino al di sopra di tutto. Questo non vuol dire non usare la ragione, ma farlo senza abbandonare le emozioni. Le emozioni permettono di registrare il dolore, la ragione fa capire come modificare una situazione.Tra i collaboratori di Michelle Bachelet ci sono molti cileni che come lei hanno vissuto la tragedia della dittatura e la via dell”esilio, che rivive in molti dei loro racconti. Che cosa è per lei la memoria? le chiediamo.Credo si debba separare il processo individuale da quello collettivo. Io sono convinta che non possa esserci un futuro se non a partire da un passato e da un buon presente e la memoria costituisce un momento centrale, soprattutto la memoria collettiva e la memoria dei popoli. E” indispensabile che questa memoria non si perda; al contrario deve essere mantenuta, deve permanere viva mentre si guarda al futuro: dalla tragedia vissuta dal nostro paese occorre trarre una lezione per creare tutte le condizioni affinché in una società come quella cilena non si ripeta quello che non vogliamo si ripeta.Questo deve essere il filo conduttore, un principio: nel passato non siamo stati capaci di mettere in primo piano gli interessi comuni – o quando avevamo interessi diversi non siamo stati capaci di trovare accordi con una via pacifica, democratica e pluralista. Pertanto di fronte a quasiasi situazione che si presenti nel futuro dobbiamo imparare a convivere, a sviluppare quella che si chiama amicizia civica, per affrontare e risolvere nel modo migliore, che non vuol dire perfetto, i conflitti di interesse che sempre ci sono all”interno della società. Questa memoria storica io ce l”ho molto viva, più di una memoria basata su fatti specifici, perché non voglio che i miei figli, i miei nipoti (così come quelli di tutti i cileni) debbano passare per la stessa situazione che abbiamo vissuto noi.Lei privilegia il rapporto con i cittadini rispetto a quello con i politici della Concertaciòn, eppure ha bisogno dell”appoggio della coalizione per governare. Come riesce a conciliare i due aspetti?Si tratta di una falsa dicotomia. Quando ho cominciato a fare politica i partiti erano strumenti che cercavano di rappresentare i cittadini e per farlo dovevano essere immersi nei loro problemi, essere capaci di interpretare i bisogni per proporre soluzioni. Questo è più valido che mai. I cileni dopo 16 anni di democrazia sono coscienti dei loro diritti, hanno le loro opinioni e vogliono essere ascoltati: la mia candidatura è stata scelta prima dai cittadini che dall”establishment.Una democrazia più partecipativa è quella capace di sviluppare lo spazio di partecipazione e di informazione in modo da arricchire la base su cui si prendono le decisioni. Occorre dare spazio alle organizzazioni sociali e alla societa civile affinché la nostra politica abbia una legittimità politica e sociale che la rende indistruttibile. Quindi la dicotomia tra i cittadini da una parte e i partiti e la coalizione dall”altra è falsa.Almeno dovrebbe esserlo. Anche la «presidenta» conviene.Partendo proprio dai bisogni dei cittadini, tra i quali esiste una forte disparità sul piano sociale, quali sono le sfide principali che si trova ad affrontare il suo governo?Innanzitutto l”auspicio che il Cile continui ad essere un paese moderno inserito nel mondo come è stato finora, con una economia dinamica e sana, responsabile, in modo da poter sostenere la voglia di imparare ed emergere di molti cileni; una economia che generi lavoro – ma deve essere un lavoro dignitoso. Un paese con successo a livello economico ma anche più giusto, umano e egualitario sul piano sociale e sostenibile dal punto di vista ambientale. Questo progetto generale si basa su alcuni punti:1) uguaglianza in partenza: uno dei compiti fondamentali è la riforma dell”educazione, riforma di qualità a tutti i livelli, più educazione a partire dell”accesso prescolare, più eguaglianza ed eccellenza.2) uguaglianza nell”arrivo: garantire agli adulti una vita più dignitosa con la riforma del lavoro.3) salto di qualità nello sviluppo: approfittare del lavoro fatto in questi anni per un avanzamento nell”innovazione.4) miglioramento della qualità di vita nelle città con sviluppo dei quartieri e dello spazio pubblico.5) sviluppo energetico compatibile con lo sviluppo economico. Che significa sviluppo autonomo e indipendente: noi abbiamo acqua e carbone e importiamo gas e altri combustibili. Io considero necessario lo sviluppo _ fino a coprire il 15 per cento del nostro fabbisogno energetico – delle diverse fonti rinnovabili: energia solare, eolica, geotermica, biomassa; stiamo lavorando con i brasiliani (i più avanzati nel settore) nel campo dell”agroenergia e del biocombustibile. Questo ci permetterebbe di diversificare il nostro fabbisogno energetico garantendo più sicurezza e minor inquinamento e anche di aprire uno spazio maggiore di mercato ai nostri agricoltori con il biocombustibile. Le fonti rinnovabili non coprono però il fabbisogno energetico quindi si dovranno sviluppare anche progetti idroenergetici e a carbone cercando tecnologie moderne per evitare l”inquinamento (uno dei problemi del paese e soprattutto della capitale, ndr). E poi continueremo a importare gas naturale, che è pulito. Per questo stiamo costruendo un impianto di rigassificazione che ci permetta di importare il gas da diversi fornitori, per non essere dipendenti da uno solo (in questo momento è in atto un braccio di ferro con l”Argentina per il prezzo del gas, ndr).Mentre in altre parti del mondo, come in Medio Oriente, sembra che la guerra sia diventata l”unico modo per risolvere i conflitti, l”America latina rappresenta una eccezione: sembra l”unico continente in cui per il momento prevalgono dinamiche diverse, anche se i conflitti esistono. Per il Cile qual è il punto di riferimento più importante nella politica estera?Storicamente il Cile ha avuto accordi a diversi livelli: globali, regionali e subregionali. Così mentre raggiungiamo accordi politici e commerciali con la Ue, gli Usa, il Canada, la Cina e il Giappone, ecc., nello stesso tempo siamo impegnati in un processo di avanzamento nell”integrazione regionale con la costituzione della Comunità sudamericana delle nazioni, proposta dal Brasile. Il Cile dà priorità ai rapporti politici, commerciali e culturali con i paesi vicini e vorremmo un”America latina integrata perché ci troviamo di fronte a molte sfide e nessun paese da solo potrà risolverle adeguatamente. Coltiviamo ancora il sogno di integrazione dei Libertadores che hanno conquistato l”indipendenza dell”America latina, ma per una integrazione reale occorre passare dalla retorica ai fatti: mantenere gli accordi raggiunti, avere fiducia, stabilire una agenda di lavori da rispettare.Dal punto di vista politico il Cile è interessato soprattutto ai paesi con i quali condivide valori e principi fondamentali: democrazia, rispetto dei diritti umani, economia aperta, rispetto di tutti i trattati internazionali e l”utilizzo del diritto internazionale come meccanismo per la soluzione dei conflitti. Il Cile punta molto sulle organizzazioni multinazionali per la soluzione dei conflitti. Sia a livello mondiale con le Nazioni unite, sia a livello regionale. Come ogni zona del mondo anche questa regione vive contraddizioni, interessi diversi ma siamo riusciti a risolverli abbastanza pacificamente.Per concludere: quali sono i rapporti con l”Italia? In Cile c”è una grande comunità italiana.Abbiamo un buon lavoro di cooperazione sia a livello globale con la Ue che a livello bilaterale, che sono riprese con il ripristino della democrazia nel nostro paese. Io ho parlato con Prodi quando è stato eletto. E poi in Cile c”è uno «stato italiano»: ristoranti, scuole, club sportivi, l”Italia ha contribuito al processo di formazione culturale del nostro paese.’

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