La lenta agonia di Falluja

Nella città fantasma manca l''acqua, l''elettricità, le medicine e scarseggia il cibo. Ma gli Usa e il premier Allawi impediscono alle organizzazioni umanitarie di portare aiuti'

La lenta agonia di Falluja
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13 Novembre 2004 - 11.52


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I comandi militari Usa sperano che la resistenza di Falluja cada entro questa notte. Forse temono l”effetto che potrebbe avere la fine del Ramadan e la celebrazione dell”Aid nel rinfocolare la battaglia. Il segretario alla difesa Usa Donald Rumsfeld in visita in Salvador, l”unico paese latinamericano che mantiene truppe in Iraq, non fa previsioni sui tempi: «Sono a buon punto e concluderanno l”operazione con successo. Ci vorrà il tempo necessario». George Bush conferma: sono stati fatti «progressi sostanziali», ha detto in una conferenza stampa congiunta con Tony Blair. Sul terreno, le truppe americane stanno cercando di intrappolare i combattenti a sud, schiacciandoli lungo le rive dell”Eufrate. «Non possono andare al nord perché ci siamo noi. Non possono andare a ovest perché c”è il fiume, non possono andare a est perché abbiamo una forte presenza», ha detto il sergente maggiore Roy Meek. Ma qualche ora dopo una forte esplosione si è sentita nel distretto di nord-ovest Jolan. «La situazione è molto pericolosa perché gli insorti non sanno dove andare e stanno seduti in casa ad aspettarci», sostiene il caporale Will Porter incaricato di dare la caccia ai guerriglieri casa per casa. I cecchini colpiscono ovunque, anche il quartier generale delle forze Usa. Il numero dei feriti americani si è moltiplicato – sono centinaia -, tanto da imporre un aumento dei posti letto nell”ospedale della base tedesca di Landstuhl, dove vengono portati. Il numero dei morti è salito a 23, uno dei quali a baghdad, dove è stato anche abbattuto un Black Hawk.La sorte peggiore tocca agli iracheni. Gli americani parlano di 600 combattenti uccisi, ma non riferiscono di civili, ammesso che la cifra sia realistica, evidentemente non fanno distinzioni. Perché vittime civili ci sono, come risulta dalle testimonianze: si parla di donne e bambini colpiti da schegge di granate o dalle bombe. Un bambino di nove anni colpito allo stomaco da schegge è morto dissanguato perché non ha potuto essere curato. A Falluja non ci sono più équipe mediche, nell”attacco a una clinica gli americani hanno ucciso venti medici. E poi i marine sparano su tutto quello che si muove. Falluja è una città fantasma, piena solo di cadaveri. Fadhil Badrani, un giornalista iracheno di Falluja, dice che le strade sono piene di cadaveri e il tanfo è insopportabile. Non sono solo le morti a prefigurare un disastro umanitario, già denunciato dalla Mezzaluna rossa irachena, sostenuta anche dalla Croce rossa e dall”Unicef. «Non c”è acqua, la gente beve acqua sporca. I bambini muoiono. Si mangia farina perché non c”è altro cibo», ha raccontato quando è arrivato a Habbiniya Rasul Ibrahim, che è riuscito a fuggire a piedi con la famiglia, moglie e tre bambini. Habbaniya, che si trova a una ventina di chilometri a ovest di Falluja, è diventata un campo profughi dove si sono rifugiate circa 2.000 famiglie. I rifugiati, molti dei quali vivono dentro le scuole o sotto le tende, soffrono di diarrea e malnutrizione, hanno bisogno di medicine e cibo, sostiene Firdoos al Ubadi, portavoce della Mezzaluna rossa (Ircs). Un convoglio di aiuti ha raggiunto Habbaniya giovedì, un altro è ad Amiriya – con acqua potabile, cibo e medicine, un team di sette medici e personale per il soccorso – pronto per essere inviato a Falluja. Ma gli appelli rivolti dalle organizzazioni umanitarie agli Usa e al governo iracheno perché permettano di portare aiuti a Falluja sono rimasti inascoltati. L”agonia di Falluja si consuma di fronte alla criminale indifferenza degli Stati uniti, ma anche del governo iracheno, o almeno del premier ad interim Allawi, perché pare che il governo sia diviso al suo interno. «Se vinceremo, l”Iraq sarà più prossimo a diventare un paese libero e democratico, fervente desiderio dei nostri cittadini», ha detto Allawi in una intervista al britannico Sun. Ma innanzitutto i cittadini di Falluja vogliono vivere. Ed è contro il premier che si stanno concentrando i risentimenti.Ieri è tornato a farsi vivo, su un sito Internet, Abu Musab al Zarqawi, per la pretesa cattura del quale gli Usa stanno distruggendo Falluja. Zarqawi, che evidentemente non si trova asserragliato sulle rive dell”Eufrate, ha invitato i ribelli a resistere: «Eroi dell”islam a Falluja, sia benedetta la vostra santa guerra…. Non abbiamo dubbi che i segni della vittoria di dio appariranno all”orizzonte». Per ora quello che possono sperare gli abitanti di Falluja è di vedere sorgere del primo spicchio di luna che segna la fine del Ramadan, ma l”Aid non sarà una festa.’

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