Donne di pace

Paradossalmente è un rapimento a far parlare di Simona Torretta e Simona Pari. Due ragazze tenaci e capaci che, come molte altre, lavorano in una situazione straordinariamente difficile come quella irachena della guerra e dell''occupazione e che avre

Donne di pace
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8 Settembre 2004 - 11.52


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Paradossalmente è un rapimento a far parlare di Simona Torretta e Simona Pari. Due ragazze tenaci e capaci che, come molte altre, lavorano in una situazione straordinariamente difficile come quella irachena della guerra e dell”occupazione e che avrebbero meritato visibilità al di là di questa orribile vicenda. Ne avevamo parlato quando le uniche immagini di donne che apparivano nell”orrore della cronaca irachena erano quelle delle donne-soldato torturatrici del carcere di Abu Ghraib. In tempo di guerra solo le violenze sembrano avere cittadinanza e non hanno risparmiato nemmeno le due donne impegnate da mesi e anni, con il Ponte per Baghdad, a fianco della popolazione irachena, colpita da guerre e dall”embargo prima e ora da un nuovo interminabile conflitto. E non è stato facile mantenere lo stesso impegno a fianco della popolazione irachena sia con un regime come quello di Saddam (allora il Ponte era l”unica Ong italiana impegnata in Iraq) che con l”occupazione americana. Intanto ci sono voluti nervi saldi, sotto l”apparente fragilità di donne, per cercare nuovi interlocutori dopo il vuoto creato dalla caduta del raìs, inserirsi in una nuova realtà, spesso fluida e infida, che è andata sempre più degenerando. E” un compito che oltre ad una consapevolezza politica e a una conoscenza della realtà richiede una grande concretezza, indispensabile per vivere in una situazione così disgregata. Soprattutto per donne sole, come Simona Pari e Simona Torretta, o anche altre che con il Ponte e l”Ics hanno lavorato a Baghdad. Non solo donne, ma soprattutto donne, che abbiamo avuto modo di frequentare spesso nella loro casa nel centro di Baghdad per trovare conforto e confronto, aiuti per risolvere i problemi quotidiani (elettricità, computer, telefoni, etc.) o anche informazioni. Perché attraverso il loro lavoro quotidiano (nelle scuole con il progetto Farah, alla biblioteca, nel settore sanitario, etc.) conoscono realtà altrimenti indecifrabili e i giornalisti lo sanno bene, tanto da rivolgersi spesso a loro per tappare i propri buchi.Che ora siano state rapite è l” ennesima dimostrazione della degenerazione della situazione irachena, dove non si fa più nessuna distinzione tra amici e nemici, tra chi aiuta gli iracheni e chi li occupa e li sfrutta, tra uomini e donne, tra chi ha voluto la guerra e chi ha cercato in ogni modo di opporsi: gli stranieri sono tutti nemici o almeno una occasione da sfruttare, per un riscatto. Non è la prima volta che si rapiscono donne, era già toccato ad una volontaria giapponese, poi rilasciata. A volte, il fatto di essere donna aveva creato inconsciamente l”illusione di essere al riparo dalle violenze dei sequestri. Ma il rapimento di Simona Torretta, Simona Pari e di un”altra donna irachena dimostrano che non è così.’

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