Storia di due stupri nell''Iraq occupato' | Giuliana Sgrena
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Storia di due stupri nell''Iraq occupato'

Tra smentite ufficiali, conferme anonime e intimidazioni, si delinea la crudele vicenda di due adolescenti di Sowera violentate dai soldati americani, e forse morte entrambe. Una in seguito alle sevizie, l''altra dalla famiglia «disonorata»'

Storia di due stupri nell''Iraq occupato'
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12 Giugno 2003 - 11.52


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La notizia è apparsa il 9 giugno senza grande clamore. Un trafiletto a fondo pagina – la prima pagina – sul giornale Assaah: a Sowera, nel distretto di Wassit, secondo testimoni, oltre diciotto soldati americani hanno stuprato due ragazze – 14 e 15 anni – e poi le hanno abbandonate vicino all”ospedale in condizioni orribili, una è morta e l”altra è stata assassinata dai parenti. Gli americani si sono poi ritirati dalla città per paura di vendette. La notizia è stata poi ripresa dall”agenzia francese Afp. Il comando americano da Camp Doha ha risposto negando i fatti e accusando il giornale Assaah di essere nelle mani di ex-saddamisti, soprattutto il suo proprietario sheikh Ahmed Kubaysi, leader del Iraqi national unified movement. Un sunnita che, ospite dell”ambasciata francese, la settimana scorsa, dopo aver esaltato i principi della rivoluzione francese, aveva condannato l”occupazione. La notizia del probabile stupro ci era stata anticipata il giorno prima della pubblicazione sul giornale (bisettimanale) da un esponente dell”Associazione irachena per i diritti umani, che tuttavia era in attesa di maggiori informazioni e soprattutto della documentazione sul caso. Abbiamo cercato di rintracciarlo, senza riuscirci, mentre un altro esponente dell”associzione ci ha detto che effettivamente stanno cercando di raccogliere informazioni, perché in questa situazione potrebbe esserci chi è interessato a mettere in cattiva luce gli americani.Un muro di omertàAllora ci siamo rivolti al direttore del giornale Assaah, N”ima Abdulrazzaq, che abbiamo trovato costernato per lo «scivolone», e anche terrorizzato. Prima ci ha detto di aver pubblicato la notizia, inviata dai corrispondenti di al Kut, pur avendo qualche dubbio e per questo non l”avrebbe «sparata». Poi, dopo la reazione degli americani, è andato direttamente sul posto con altri due giornalisti per indagare sull”accaduto ma si è trovato di fronte a un muro di omertà. Anche chi gli ha confermato la notizia – un sottotenente della polizia e un esponente prestigioso locale – non voleva che fosse indicato il suo nome o che si facessero delle riprese. Infine un medico dell”ospedale, Khodeira Abbas, che aveva visitato una delle ragazze, ha detto che dall”esame è risultata vergine, quindi si sarebbe trattato solo di giochi sessuali. In base a questa dichiarazione la notizia dello stupro era falsa e quindi il direttore ci aveva anticipato la smentita, che ieri è stata regolarmente pubblicata, e il licenziamento dei due corrispondenti di al Kut, il capoluogo del governatorato di Wassit.Eppure non sembra si possa trattare di pura invenzione o di una montatura, anche per la delicatezza della questione. N”ima Abdulrazzaq ammette, ma senza prove non c”è nulla da fare. Ci vorrebbero tempo e soldi per dimostrarlo e lui, dice, non se lo può permettere. Per il buon nome del giornale, e per non compromettere ulteriormente la sua carriera, è meglio rimangiarsi tutto. E poi sbotta: prima ci accusavano di essere filoamericani e ora di essere filosaddamisti, solo perché siamo indipendenti!Ma, alla fine N”ima, che aveva lavorato per 14 anni al giornale Rafidayn prima di fondare alla fine di aprile Assaah, ammette che c”è dell”altro. Un americano che si è spacciato per giornalista è venuto lunedì nel suo ufficio, subito dopo la pubblicazione della notizia, e lo ha minacciato dicendo che potrebbe perdere il suo lavoro e non solo. N”ima, teme che gli americani lo vengano a prendere da un momento all”altro. E mentre parliamo con lui, la macchina davanti all”edificio viene bersagliata con sei colpi di pistola, i vetri vanno in frantumi. Non sembra proprio che si tratti dei soliti ladri. E” un avvertimento in piena regola.Decidiamo di andare a fondo della questione. Sowera è un centro agricolo, sul Tigri, a una settantina di chilometri a sud-est di Baghdad. Il fiume è costeggiato da vaste e floride piantagioni e campi: ortaggi, palme da datteri, aranci, limoni, fichi, melograni. Quasi tutta la popolazione è dedita all”agricoltura. Grazie alla mediazione di un” antica famiglia locale riusciamo ad entrare in contatto con alcuni abitanti del luogo e ad avere la loro testimonianza con la promessa della massima segretezza sui nomi e sul luogo dove li abbiamo incontrati. Il nostro intermediario, persona degna di fede, garantisce per loro. Le minacce nei loro confronti non vengono solo dagli americani ma anche dai leader religiosi e tribali. E” un disonore da nascondere, è un onta da lavare all”interno della famiglia tribale e della comunità religiosa.Nonostante tutti i tentativi di nasconderla, la notizia è circolata nella cittadina. «I fatti risalgono a una decina di giorni fa, racconta Mohammed – chiameremo così i nostri testimoni -. Le due sorelle erano andate spontaneamente dagli americani, che avevano installato la propria base nell”ex sede del partito Baath, e non era la prima volta. Ma quella sera le hanno trattate in quel modo crudele e poi, non sapendo cosa fare, le hanno portate al vicino ospedale. Il direttore si è rifiutato di ricoverarle ma i soldati l”hanno minacciato e quindi non ha potuto fare altro che accettare. Pare, secondo i racconti di qualcuno del personale dell”ospedale, che una delle ragazze fosse avvolta in una coperta in una pozza di sangue, dovuta probabilmente ad una emorragia». Mohammed ricorda che quando erano arrivati gli americani e avevano imposto il coprifuoco nella cittadina assolutamente tranquilla, tutti si chiedevano il perché. «Poi abbiamo cominciato a notare strani via vai di notte. I soldati avevano distribuito delle riviste pornografiche ai ragazzini e chiedevano loro di procurare delle ragazze in cambio di qualche dollaro. Probabilmente anche le due ragazze in questione avranno accettato qualche invito degli americani per qualche soldo, perché appartengono a una famiglia estremamente povera».Dopo che la notizia è cominciata a circolare è intervenuto il rappresentante locale di al hawza, l”autorità islamica sciita con sede a Najaf e anche sulla porta del tribunale di Sowera è attaccato il ritratto dell”ayatollah Mohammed Baqer al-Hakim, leader dell”Alto consiglio per la rivoluzione islamica in Iraq. Poi è intervenuto presso la famiglia lo sheikh della tribù: la legge tribale impone l”uccisione della ragazza per salvare l” «onore», e la vendetta nei confronti degli autori, gli americani.La legge tribaleNon è possibile verificare se la legge tribale ha già colpito la ragazza sopravvissuta, oppure se mettendo a tacere queste voci potrà essere salvata. Comunque della famiglia in questione, da allora, si è vista in giro solo la madre. «Nascondere una ragazza non è difficile in un luogo dove le donne non escono quasi mai di casa», dice Mohammed. L”ordine sia del leader religioso che di quello tribale è di negare la notizia. E i giornalisti che l”hanno diffusa rischiano la vita. Tanto è vero che i loro nomi pubblicati su Assaah, secondo i nostri interlocutori sembrano pseudonimi, e speriamo che lo siano. Queste sono le testimonianze che siamo riusciti a raccogliere e che ci sono sembrate spontanee, ma continueremo a seguire il caso, se ci saranno novità.Intanto, gli americani, dopo aver negato i fatti, hanno abbandonato la loro postazione. «Vengono qui solo ogni tanto per pattugliamenti, per controllare perché al hawza sta raccogliendo armi, ma per ora non si azzardano a fare perquisizioni nelle case, temono evidentemente una vendetta, che probabilmente verrà dopo che la questione sarà regolata all”interno della tribù», sostiene Mohammed.Ma a parte gli americani, da chi è amministrata la città?, chiediamo. «Assolutamente autogestita. Forse il nostro è l”unico paese al mondo in cui molte città sono autogestite», ironizzano e aggiungono che il caos è totale. Lanciamo una provocazione: ma per ora non pagate le tasse e così vi arricchirete, almeno i proprietari terrieri che stanno vendendo i loro raccolti. «Inshallah, ma poi ci porteranno via tutto», risponde il capo famiglia. Ma esiste almeno una polizia locale? «Nella stazione di polizia c”erano tre agenti locali, che avevano anche arrestato alcuni saccheggiatori. I ladri avevano proposto un lauto riscatto in cambio della loro liberazione, ma i poliziotti integerrimi non avevano accettato. La notte seguente un attacco alla caserma con un Rpg aveva liberato i saccheggiatori e messo in fuga i poliziotti. Da allora non c”è più nessuno». Anche la sicurezza è autogestita e le vendette sono all”ordine del giorno in un paese dove è più difficile trovare una bombola di gas che un kalashnikov.’

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