La nuova intifada berbera | Giuliana Sgrena
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La nuova intifada berbera

Giovedì oltre un milione di algerini hanno invaso Algeri. La più grande manifestazione mai vista in Algeria. Il giovedì precedente erano stati i "democratici" a manifestare e anche loro si sono scontrati con i manganelli della polizia.

La nuova intifada berbera
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16 Giugno 2001 - 11.52


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Giovedì oltre un milione di algerini hanno invaso Algeri. La più grande manifestazione mai vista in Algeria. Il giovedì precedente erano stati i “democratici” a manifestare e anche loro si sono scontrati con i manganelli della polizia. Il giovedì è diventato il giorno delle grandi mobilitazioni, proprio come una decina di anni fa lo era il venerdì, il giorno della preghiera, allora l”appuntamento era generalmente alla moschea come ora lo è in piazza primo maggio, simbolo delle lotte dei lavoratori. Un giorno fa differenza, eccome. I simboli contano, basta vedere le immagini delle manifestazioni: non più barbuti in kamis e donne velate (rigorosamente separati) che inneggiano al corano e a dio in grado di risolvere tutti i problemi, ma donne e uomini insieme, giovani e vecchie con gli abiti tradizionali e coloratissimi della Kabylia, che manifestano contro la repressione e la “hogra”, l”ingiustizia e i soprusi. La rivolta che partendo dalla Kabylia sta percorrendo tutta l”Algeria affronta il cuore del problema: la drammatica crisi socio-economica che attraversa l”Algeria e il tentativo del regime di mantenere un sistema senza libertà e democrazia con la repressione. Una marcia nella modernità contro l”oscurantismo dei fondamentalisti islamici.Eppure sono molti i punti in comune con la rivolta dell”88 che, erroneamente, era stata chiamata la rivolta del cus cus. E” vero, esistevano problemi per soddisfare i bisogni di prima necessità, ma la molla che aveva fatto scattare la protesta era stato il desiderio di giustizia e non giustizia divina. Una verità che si è voluto celare per non affrontarla: Chadli allora come Bouteflika oggi aveva liquidato il problema come “complotto esterno”. Non solo, Chadli facendo arrestare e torturare i militanti della sinistra, i democratici e i sindacalisti che avevano organizzato la rivolta aveva permesso agli islamisti di cavalcare una protesta di cui non erano i fautori. Anche all”inizio della “nuova primavera berbera” (la rivolta è scoppiata proprio alla vigilia del ventunesimo anniversario della protesta del 20 aprile 1980, anche allora repressa nel sangue) gli islamisti hanno tentato di inserirsi nel movimento ma senza successo. Sono stati subito isolati, anche perché le rivendicazioni identitarie dei berberi sono incompatibili con il credo islamista che vede l”unica legittimità nella lingua del libro sacro e gli islamisti sono i più decisi sostenitori dell”arabizzazione forzata. Peraltro i berberi hanno una lunga tradizioni di lotte fin da Kahina, la regina berbera che aveva combattuto contro l”invasione araba (e sconfisse anche un califfo nel 696), per arrivare alla guerra di indipendenza passando per la resistenza al colonialismo francese. Gli islamisti peraltro non avevano attecchito in Kabylia, dove la società è molto più laica anche se per certi versi conservatrice, legata alle tradizioni per difendere la propria identità, e dove anche la religione ha mantenuto delle pratiche locali. Non è un caso che quando, negli anni ottanta, cominciarono gli scontri nelle università tra islamisti e militanti della sinistra, venivano riduttivamente rappresentati come la contrapposizione tra arabofoni e berberisti. E” comunque vero che per anni il Movimento culturale berbero ha rappresentato la reale opposizione al progetto teocratico. Per ora, dunque, gli islamisti sembrano emarginati anche perché dieci anni di terrorismo dei gruppi armati hanno prodotto degli anticorpi resistenti.La rivolta che sta dilagando in Algeria, come abbiamo già detto, non può essere però ridotta a una rivendicazione identitaria berbera. Questo può essere stato quel surplus che ha fatto scoccare la scintilla in Kabylia, ma le rivendicazioni come si è visto dalla piattaforma presentata dal Coordinamento delle comunità, dei comuni e delle province della Kabylia, vanno dalla lotta alla repressione alla richiesta di soluzione dei problemi economici e sociali, alla libertà di espressione. Resta però fuori, anche se avanzata da alcune componenti del movimento, e dalle donne soprattutto, la richiesta di abolizione del codice della famiglia.La rivolta non a caso si sta estendendo. Anche la forma di organizzazione è del tutto originale, sebbene la Kabylia abbia una tradizione di comitati di villaggio per risolvere i problemi. Questa sollevazione che ha come obiettivo da colpire il regime e tutte le sue istituzioni, ha sfiduciato anche i partiti tradizionali, compresi quelli berberisti, rifiutandone la mediazione, scegliendo l”autorganizzazione nei comitati.I problemi degli algerini sono comuni a quelli di altri popoli del Maghreb e del Mediterraneo, ma ancora una volta l”Algeria appare come il paese laboratorio. Sebbene nell”immaginario dei giovani algerini che lanciano pietre contro le forze dell”ordine un pensiero va sicuramente all”intifada palestinese (richiamata anche nei titoli dei giornali), nonostante le condizioni e anche le forme diverse (basti vedere le immagini), si tratta comunque di una lotta per la libertà, la giustizia e, persino anche per i palestinesi, per la democrazia. Del resto il ruolo internazionale svolto dall”Algeria dopo l”indipendenza rispetto al sud del mondo, è rimasto uno degli elementi dell”orgoglio degli algerini che dicono ora di lottare per la loro dignità.’

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