Marchio giallo a Kabul | Giuliana Sgrena
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Marchio giallo a Kabul

Diventa legge dei taleban la "fatwa" che impone un segno distintivo per gli hindu. E poi a chi toccherà?

Marchio giallo a Kabul
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24 Maggio 2001 - 11.52


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La criminale follia oscurantista dei taleban non sembra avere limiti. Dalla segregazione sessuale delle donne alla distruzione di simboli religiosi non-musulmani come le centenarie statue dei Buddha di Bamyian, passando per l”irruzione armata nell”ospedale di Emergency e la chiusura delle panetterie gestite dal Programma alimentare mondiale, si è giunti fino alla decisione di “marchiare” i non musulmani, in particolare gli hindu. Con una pratica che ricorda le leggi razziali naziste – allora agli ebrei era stata imposta la stella di David – i taleban hanno imposto agli hindu di portare come segno di riconoscimento o un abito giallo-zafferano oppure un pezzo di stoffa dello stesso colore sul petto. Un”aberrazione che tuttavia non ha trovata un”adeguata reazione internazionale, quasi se come dopo l”inascoltata protesta contro l”abbattimento delle statue la comunità mondiale si fosse rassegnata alla barbarie degli “studenti di teologia”. Che naturalmente hanno basato anche questa nuova legge su una fatwa (una sentenza islamica) come ha riferito La voce della sharia, l”unica emittente autorizzata nell”Afghanistan dei taleban – che controllano il 95 per cento del territorio – sotto il rigido controllo dei fanatici integralisti che tramettono solo versetti del Corano ed editti. “Gli ulema (dotti religiosi dell”islam, ndr) hanno pubblicato una fatwa affinché i non musulmani portino un segno distintivo …” che, secondo una singolare interpretazione di Mohammad Wali, ministro per la Promozione della virtù e prevenzione del vizio, dovrebbe “evitare che siano puniti per aver trasgredito le leggi dei taleban che si applicano solo ai musulmani”. Questo non vale per le donne hindu cui è imposta la stessa segregazione di tutte le afghane.La versione del ministro non ha convinto gli hindu: “lasciateci vivere come vogliamo. Non ci sarà nessuna libertà religiosa se ci dicono come dobbiamo vestirci. E” disgustoso che i taleban ci impongano i loro diktat”, sostiene uno di loro che ha già pronto un visto per l”India. Il nuovo editto rischia infatti di assottigliare ulteriormente la già ridotta presenza degli hindu, sono un migliaio e con i sikh non arrivano a duemila, mentre una ventina d”anni fa, prima della guerra, erano arrivati fino a 50 mila.”Per diverse generazioni, hindu, sikh e persino ebrei erano vissuti in armonia con i musulmani afghani, sostiene una nota di Azadi Afghan Radio (una emittente per gli afghani all”estero). I loro diritti erano rispettati e si sentivano afghani quanto gli hazara, i pashtun, i tagiki o gli uzbeki nati e cresciuti in questo paese. Imporre loro un segno di identità è un insulto all”umanità e alla decenza”. Nel disegno dei taleban (sunniti) di creare l”emirato più puro probabilmente presto non troveranno più posto nemmeno gli sciiti hazara, traditori perché schierati con l”opposizione.Le reazioni più dure alla decisione dei taleban sono venute dall”India, la cui agenzia di stampa aveva peraltro anticipato l”emissione dell”editto, definito da New Delhi un esempio in più dell”ideologia “oscurantista e razzista” dei taleban. “Crediamo che un simile editto non trovi posto in una società civilizzata”, ha detto il portavoce del ministero degli esteri indiano, Raminder Singh Jassal, che ha lanciato un appello affinché “la pressione internazionale posso indurre i taleban ad annullare queste misure discriminatorie per permettere a tutte le comunità di vivere con dignità e rispetto”. Ancor più violento il gruppo dell”estrema destra hindu, Shiv Sena, che sostiene minaccioso: l”ordine dei taleban infiamma passioni in India dove i musulmani costituiscono il 12 per cento di una popolazione di oltre un miliardo di abitanti. “Hindu e musulmani vivono insieme in pace ma un simile decreto può portare a scontri. Domani potremmo chiedere ai musulmani di portare un abito diverso”, ha detto Abhimanyu Gulati di Shiv Sena.Anche per il ministro degli esteri nepalese il decreto costituisce “una sfida a tutti i principi universali dei diritti umani”. Se per Washington si tratta “dell”ultima di una lunga lista di repressioni oltraggiose”, per Mosca è “un altro turpe atto che si aggiunge alle violazioni da parte dei taleban dei diritti umani fondamentali in Afghanistan”.Anche per l”Onu, costretta lunedì a chiudere quattro dei propri uffici in Afghanistan come ritorsione dei taleban contro le sanzioni imposte a Kabul dal consiglio di sicurezza, il nuovo editto rappresenta un ulteriore segnale del deterioramento della situazione.Da martedì si trova a Kabul anche l”ambasciatore italiano in Pakistan, Gabriele de Ceglia che, insieme a Gino Strada, sta trattando con i taleban per verificare la possibilità di riaprire l”ospedale di Emergency – finanziato dalla Cooperazione italiana -, chiuso la settimana scorsa in seguito a una incursione armata della polizia religiosa. Ieri sera il presidente della Commissione europea Romano Prodi ha espresso su questo la sua “preoccupazione e attenzione”.’

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